by Editore | 23 Dicembre 2011 7:53
MILANO — Un Silvio Berlusconi con l’umore alle stelle lascia nel pomeriggio il palazzo di giustizia di Milano dopo 5 ore di una «ottima udienza» del processo Mills, nella quale il mea culpa plateale con annesse scuse in diretta da Londra dell’avvocato inglese lo ha «sollevato». L’ex premier conferma il sostegno del Pdl al governo Monti («abbiamo garantito la compattezza del nostro gruppo, confermata dal voto in Senato»), scherza indulgente sugli ex alleati leghisti barricaderi all’opposizione («sono anche simpatici, con i loro comportamenti in Parlamento sono tornati alla Lega che conoscevamo qualche anno fa») e si preoccupa per Tremonti a letto con una gamba rotta («gli devo telefonare per sapere se è guarito»).
Il Cavaliere ribadisce l’appoggio all’esecutivo spiegando che, nonostante il disaccordo su «molte parti che avremmo voluto sostituire con altre più producenti e meno depressive per l’economia», è stato «scelto il male minore» della manovra rispetto a una caduta dell’esecutivo «che sarebbe stata esiziale in questo momento per il nostro Paese». Supporto sì, ma a condizione che d’ora in poi, «dato che siamo il partito principale della maggioranza, i prossimi provvedimenti devono essere discussi prima, come deve succedere sempre tra un governo e chi lo sostiene».
Torna a smentire di aver mai minacciato di «staccare la spina» a Monti, il quale non ha mancato di sottolineare come i partiti della maggioranza in privato mostrano «incoraggiamento» mentre «esternamente» lanciano «veti». Berlusconi rivela di aver affrontato personalmente l’argomento martedì con il premier invitandolo a non meravigliarsi e ad «entrare nell’ambito politico delle dichiarazioni sui giornali che non corrispondono a quelle che sono poi le azioni concrete in Parlamento». Anche se ammette: «Ci prepariamo alle amministrative di primavera con i congressi provinciali e comunali, ma siamo anche in campagna per le elezioni nazionali quando arriveranno. Tutti i partiti stanno facendo lo stesso». E perciò lui non farà vacanze.
È sempre attento a non urtare la suscettibilità della Lega, il Cavaliere. «Adesso fa l’opposizione, e ci si diverte anche molto», dice sorridendo sornione convinto che Bossi «soltanto in un’alleanza di centrodestra può ottenere dei risultati positivi alle elezioni amministrative di primavera e poi alle eventuali politiche». Se stesse fuori dall’alleanza «sarebbe masochismo puro». Messaggi anche per Casini che, «con il suo partito e il suo elettorato cattolico e moderato in Europa, sta con noi nel Ppe» e che fu escluso dal Pdl solo perché An non voleva che restasse con il nome Udc. «Casini non potrà mai allearsi con la sinistra perché quando l’ha fatto in Piemonte ha perso il 50% dei suoi elettori. I nostri sondaggi dicono che nelle elezioni nazionali ne perderebbe più dei due terzi». Allora? «O con noi o corre da solo», sentenzia l’ex premier.
Di sé in questo momento Silvio Berlusconi vuole accreditare l’immagine di un leader che a 75 anni lascia spazio ai giovani e alle facce nuove. Ci vogliono, quindi, «energie fresche e idee nuove» che arrivino dal mondo del lavoro, dall’imprenditoria e dall’università perché «i professionisti della politica sono tantissimi e stanno troppo tempo in Parlamento». Ai suoi avrebbe detto che non correrà più per Palazzo Chigi, di cui non sentirebbe la mancanza: «Ora sono molto più sereno e libero». Continuerà a sostenere il suo movimento: «Mi occuperò dell’organizzazione ma, anche considerando quanto tempo è passato e quanto impegno ho dato, non sono più disponibile a tornare alla Presidenza del consiglio, soprattutto in queste condizioni». Perché, sostiene, in Italia il premier «non ha poteri», stretto com’è tra Parlamento, capo dello Stato e Corte costituzionale.
Un pensiero per l’amico Lele Mora in carcere («Sono dispiaciuto, addolorato che ci siano ancora carcerazioni preventive che con la condizione delle carceri sono segno dell’inciviltà di un Paese»), mentre la fine dell’anno lo induce ai bilanci. Errori? «Sono sereno, non credo di aver fatto grandi errori, salvo entrare in politica», ironizza per poi tornare lo stesso di sempre: «L’unica colpa che mi attribuisco è di non essere riuscito a convincere il 51% degli italiani che dovevano darmi fiducia se volevano cambiare l’Italia». Per ora deve fare i conti con i processi che lo vedono imputato. Ci scherza con i giornalisti. Aveva detto che finirà per avere un ufficio nel palazzaccio? «Se me lo dessero. Finirete per volermi bene». L’ultima battuta prima di una passeggiata in centro sotto le luminarie.
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