L’occasione per ripensare il futuro

by Editore | 20 Dicembre 2011 9:18

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Intanto i nostri parlamentari non smettono di rinfacciarsi l’anatema: «Ognuno dovrà  prendersi le proprie responsabilità …». E chi se non loro? Questi responsabili del nostro attuale debito e discredito sono ormai allo stato confusionale e non fanno altro che straparlare lasciando al popolo — soprattutto al popolo — il carico più oneroso dei sacrifici che da subito ci tocca affrontare. Da troppi anni questi politici hanno fatto più politica di partito che quella di Stato, incuranti dei grandi cambiamenti delle realtà  del mondo e indifferenti alle vecchie e nuove povertà .
La Storia non si arresta e adesso ci impone la resa dei conti. Adesso, che lo si voglia o no, occorre affrontare con coraggio e onestà  la riflessione non più rinviabile sulle cause fallimentari proprio di quei Paesi altamente industrializzati e considerati di sviluppo avanzato. Avanzato fin quanto? E perché tutte queste grandi potenze economiche si accorgono solo ora di trovarsi nella assurda contraddizione di una potenzialità  produttiva in eccesso a fronte di esiti di mercato sempre più inadeguati?
Abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi? Il consumo, come propulsore di ricchezza, è stato un inganno. L’economia del grandi numeri, un abbaglio. Questa è una vigilia di dubbi e inquietudini. I pavidi dicono: tanto il mondo non cambierà . Ma se vorremo salvare questo martoriato mondo tanto paziente, dovremo cominciare: col cambiare prima di tutto noi. Ricominciare da capo.
Avvertimenti urgenti ci vengono dai giovani che riempiono le piazze e gridano la loro rabbia per il disagio di un presente che li mortifica e un futuro che non li rassicura. Sono ragazzi e ragazze di ogni Paese e condizione sociale, che hanno studiato e sanno ragionare con buon senso e chiedono di poter decidere della loro vita.
Ma attenti: si devono considerare con attenzione due diverse realtà  ben distinte per motivi contrapposti. Da un lato i popoli che lottano per la democrazia e il benessere, come credono di vederlo in altri Paesi. Dall’altro, proprio in quei Paesi che sono stati avvantaggiati, adesso si agitano tensioni per un perduto stato di agiatezza e ora sono già  oltre il limite di una povertà  appena sopportabile. E da qui, le dimostrazioni di piazza degli «indignados» lanciano in faccia al mondo e a tutti i nostri governi la minaccia di una ribellione dirompente, in un delirio distruttivo da «violenza di branco» spiegabile soltanto da una grave patologia esistenziale.
Anche per questo (o addirittura, più di tutto per questo) siamo a una vigilia carica di umori oscuri. Tuttavia non ci sono soluzioni se non quella di una convinta fiducia in noi stessi e un po’ di buona volontà . Il presidente Giorgio Napolitano è ancora l’esempio e la voce più alta. Ma anche voci di anonimi cittadini pronti ad affrontare la sfida per una nuova idea di società , un nuovo concetto di vita. Come persone e come comunità .
Per questo occorrono proposte e progetti di intraprese che già  interpretano il futuro. L’Italia può disporre di un patrimonio unico per rendimento e nel contempo di totale garanzia del capitale. E più si saprà  sfruttare con oculatezza questa opportunità  più crescerà  il valore della sua fertilità  e bellezza. L’incanto del paesaggio e la bontà  del cibo.

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