by Sergio Segio | 6 Dicembre 2011 7:54
PARIGI — La nuova Europa immaginata da Nicolas Sarkozy e Angela Merkel nascerà entro marzo, sarà composta da 27 Paesi membri (come spera la Germania) o più probabilmente dai 17 membri dell’eurozona più chi ci sta (come prevede la Francia).
Non è ancora la grande Unione federale che resta nelle ambizioni di Berlino, ma neppure la sola «Europa dei governi» che basterebbe a Parigi. L’«accordo completo» vantato ieri dal presidente francese, subito dopo la fine del pranzo di lavoro con la cancelliera, è un’intesa tutto sommato insperata fino a pochi giorni fa, quando ancora l’asse franco-tedesco scricchiolava sotto il peso delle liti sul ruolo della Bce.
Domani i due leader faranno pervenire al presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy una lettera con i dettagli dell’accordo, che verrà sottoposto agli altri Paesi europei nel corso del cruciale vertice di Bruxelles, giovedì sera e venerdì (con possibilità di prolungamento a domenica se fosse necessario). Se, come è probabile, Gran Bretagna, Svezia e Repubblica Ceca non acconsentiranno al rafforzamento dell’Unione, andrà avanti la sola eurozona. Per giungere a questo «matrimonio di interesse», privo forse di grande passione ma responsabile, ognuno dei due leader ha dovuto rinunciare a molto.
La rinuncia fondamentale di Merkel è stata abbandonare l’obbligo per il settore privato di farsi carico almeno parzialmente delle perdite in caso di una ristrutturazione del debito sovrano, come è accaduto per la Grecia mesi fa; allora l’intransigenza tedesca contribuì a diffondere nei mercati il timore che misure analoghe sarebbero state prese per Italia e Spagna, generando così la corsa degli spread.
In cambio, Sarkozy ha accettato di ripensare la costruzione europea per dotarla di una disciplina fiscale più rigida e vincolante per tutti gli Stati membri, e — sul finale della conferenza stampa — ha ripreso la parola per pronunciare una frase che deve essergli costata molto: «Francia e Germania sono d’accordo sul fatto che gli eurobond non hanno senso e non possono essere, in nessun caso, una soluzione alla crisi». Quanto alla Bce, ribadita la decisione presa al vertice di Strasburgo con il premier italiano Mario Monti: nessuna interferenza, né da parte della Francia (che spingerebbe Francoforte ad agire) né da parte della Germania (che frena da mesi). Ma di fatto, il rigore budgetario annunciato ieri potrebbe consentire al governatore Mario Draghi di prendere iniziative maggiori senza suscitare le preoccupazioni tedesche. Sarkozy e Merkel vedranno domani e mercoledì il segretario americano al Tesoro Timothy Geithner (che nei giorni scorsi ha premuto su Merkel) poi si incontreranno «per l’ennesima volta», come ha sottolineato il presidente francese, giovedì mattina a Marsiglia per una riunione del Partito popolare europeo, prima di volare a Bruxelles per convincere gli altri partner europei.
Tra le misure fondamentali, sanzioni automatiche per i Paesi che non mantengono l’impegno di tenere il deficit al 3% del Pil (ma senza il supercommissario auspicato dalla Germania), regola d’oro negli ordinamenti di tutti gli Stati per imporre il ritorno all’equilibrio di bilancio, meccanismo europeo di stabilità (Mes) in vigore dal 2012 invece che nel 2013, riunione mensile a Bruxelles di tutti i leader europei «per sostenere la crescita».
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