«Non scrivete che il killer era solo un pazzo»
Matar, con le tue parole sei riuscito a tranquillizzare la piazza. Non era facile.
La tensione nel corteo era più che giustificata. Siamo ancora tutti sotto choc, io per primo. Quando mi hanno chiamato per avvertirmi di quello che era successo in piazza Dalmazia, ho subito preso il treno per venire qui. Non appena arrivato, ci hanno avvisato di quanto era appena accaduto in San Lorenzo. Due nostri fratelli morti, altre tre feriti e in condizioni gravissime in ospedale. Una tragedia così, ingiustificata e ingiustificabile, scuoterebbe chiunque.
Adesso che farete? Troverete la forza di aspettare la risposta delle istituzioni, e quella di una legge che sia davvero uguale per tutti?
Noi vogliamo giustizia, e aspetteremo che questa giustizia arrivi. Noi rispettiamo la Costituzione. Io sto per diventare cittadino italiano, e so che quando accadrà insieme ai doveri avrò anche dei diritti. Ma non posso dire lo stesso per tanti miei fratelli che pure lavorano, da anni, qui in Italia. Penso che questa piazza chieda di poter avere giustizia, e insieme di veder riconosciuti quei diritti che ancora oggi molti di noi non hanno.
L’omicida era un estremista di destra, legato a circoli xenofobi e razzisti che purtroppo sono tollerati, da tempo, dalle autorità . Non pensi che sia il caso di vietare queste aggregazioni, che spesso e volentieri sconfinano in un aperto fascismo?
Potremo prendere posizione quando saremo cittadini a tutti gli effetti, non prima. Perché la nostra realtà è quella di una comunità che è ancora priva di diritti essenziali. Per questo credo sia necessario partecipare alla politica, alla vita politica, e insistere fino a quando non saremo davvero uguali a tutti gli altri.
Sai che proprio oggi a Firenze c’erano migliaia di ragazzi e ragazze delle scuole a parlare di diritti umani, e promuovere la campagna «L’Italia sono anch’io» che chiede di riconoscere la cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia? Si tratta di bambine e bambini che vanno a scuola con i loro coetanei, senza avere in prospettiva gli stessi diritti. Cosa ne pensi?
Conosco quel meeting, so che esiste da anni. So anche che è nato per volontà della Regione. Questa sera qui in piazza è venuto il presidente Enrico Rossi. Mi ha detto di non considerare la sua presenza come quella di un politico, di un rappresentante delle istituzioni, ma come quella di un essere umano che era rimasto scioccato per quello che era successo. Noi senegalesi lo conosciamo da anni, da quando ha voluto far aprire le porte degli ospedali perché fossero curate la nostre mogli e i nostri figli. Lo consideriamo un fratello. Ma credimi, riusciremo a sentirci davvero uguali agli altri quando, a una manifestazione come quella che faremo sabato, arriverà anche il presidente italiano. Allora potremo dire che la nostra lotta per i diritti è stata vittoriosa. Non prima.
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