«Ma dietro questa azione terrorista potrebbero esserci gli 007 di Assad»

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Cetron, che sta preparando un rapporto sugli armamenti in Medio Oriente per il Pentagono, avanza due ipotesi: che gli attentati siano opera del regime di Assad o che siano opera dell’opposizione, «cosa più difficile», osserva. Il consulente sull’antiterrorismo teme che senza un’inchiesta internazionale non si farà  piena luce sulle stragi di ieri. «Esse aggravano la crisi in Siria e rendono problematica la mediazione della Lega araba» conclude. 
Esclude che sia stata Al Qaeda?
«Mi sembra improbabile. Gli attentati alle sedi dell’intelligence siriana si inquadrano nella rivolta popolare scoppiata in Siria a marzo, un portato della primavera araba. Da allora, il regime di Assad ha esercitato una feroce repressione, e ci sono stati scontri armati con la resistenza. Non mi risulta che Al Qaeda abbia avuto un ruolo negli scontri degli ultimi nove mesi. Le bombe potrebbero averle messe o la stessa intelligence o la resistenza siriane».
Propende per la prima ipotesi?
«È troppo presto per dire che è quella giusta. Ma bisogna chiedersi a chi giovino le stragi di ieri e perché abbiano avuto luogo il giorno dopo l’arrivo degli osservatori della Lega araba. Ritengo sospetta l’immediata asserzione del regime di Assad che esse dimostrano che è terrorismo. È la tesi che gli serve a giustificare la repressione e a strappare il riluttante assenso del mondo islamico».
Regge l’ipotesi di un attacco della resistenza?
«È meno plausibile: le sedi dell’intelligence siriana sono ultra protette e non è semplice arrivarci con un’auto carica di esplosivi. L’opposizione in Siria non è bene organizzata e i due attentati sono stati programmati e coordinati con cura».
Di recente ci sono stati attentati anche in Iran, protettore della Siria. Non potrebbe esserci la mano di servizi segreti stranieri?
«Mi chiede se ci sia la mano del Mossad, il servizio segreto israeliano? La destabilizzazione di Iran e Siria sono il sogno di Israele. Trent’anni fa, quando l’Iran e l’Iraq si fecero guerra, Israele fornì armi all’uno e all’altro, in modo che restassero instabili e che nessuno vincesse. Ma non credo che Israele abbia molto a che vedere con gli attacchi di Damasco. Potrebbe invece avere qualcosa a che vedere con gli attentati agli impianti missilistici iraniani degli ultimi mesi. E comunque Israele non è il solo nemico di Siria e Iran».
Che cosa vuol dire?
«Che ci sono Paesi islamici come l’Arabia Saudita che sperano che i regimi siriano e iraniano crollino. Nella regione anzi è in corso una guerra occulta dei loro servizi segreti, talora in alleanza con quelli occidentali, contro i servizi segreti di Damasco e Teheran. Si appoggia l’opposizione, la si consiglia, non di rado la si arma. Naturalmente, è una questione così delicata politicamente che tutti gli interessati lo negano».
In un contesto del genere, e con la Siria sull’orlo della sollevazione, quanto può durare il regime siriano?
«Ancora un paio di anni, ma non si può mai dire. Dipenderà  altresì da eventi esterni, a esempio da quanto accadrà  in Iraq, di nuovo in preda alla violenza settaria di sunniti e sciiti, e soprattutto in Iran. In Siria si sono verificate delle diserzioni tra le truppe, e la resistenza si rafforza. Ma non basta, ci vorrebbe un intervento militare esterno come in Libia, per ora improbabile, ne andrebbero di mezzo il Libano e Israele. E le pressioni di Lega araba e Onu, se e quando avranno luogo, non daranno grandi risultati».
Sbaglio, o lei pensa che alla fine sarà  la sorte dell’Iran a decidere di quella della Siria?
«È così. Tra un anno o due l’Iran dovrebbe essere in grado di produrre l’atomica e dei missili con cui minacciare Medio Oriente e Europa. A quel punto, a meno che Teheran non faccia marcia indietro, una coalizione più o meno pubblica o Israele da solo attaccherà  le basi e gli impianti iraniani sotterranei, mi pare 26 in tutto, dove si trovano queste armi. Sarebbe un’operazione gigantesca, una pioggia di missili capaci di penetrare a grande profondità . Con il regime iraniano, crollerebbe anche quello siriano. Ma auguriamoci che non si attui mai questo scenario, e che i due regimi cadano sotto le spinte interne».


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