L’idea: risorse dalle banche attraverso la tracciabilità 

by Sergio Segio | 8 Dicembre 2011 8:02

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ROMA — Il governo apre sulla previdenza. A maggioranza, con il voto contrario della Lega, la commissione Lavoro della Camera ha dato parere positivo per aumentare il tetto all’adeguamento delle pensioni all’inflazione da 1.000 a 1.400 euro al mese. Il ministro del Lavoro Elsa Fornero si dice disponibile all’emendamento a patto che ci sia copertura. Dalla Commissione anche due o tre idee: un contributo di solidarietà  da ricavare dalle “baby pensioni”, da quelle d’oro o aumentando «la percentuale di intervento sui capitali scudati». Ma si sta pensando di mettere sotto torchio anche le banche che sarebbero premiate dalla diminuzione del contante.
Ma non ci sono solo le pensioni. Il sottosegretario al Tesoro Gianfranco Polillo ha confermato che dall’esecutivo dei professori possono arrivare novità  su previdenza e prima casa. «Si sta lavorando intensamente in questa direzione — ha dichiarato a Sky Tg 24 — ci stiamo riflettendo molto e ci sarà  qualche novità . C’è un parlamento e se nel decreto ci sono sviste o errori si possono correggere».
Tutto naturalmente a saldi invariati perché questo è il mantra su cui tutto si regge. Il governo avrebbe avviato una sorta di cabina di regia per gestire poche e limitate modifiche per rispettare i tempi del 23 dicembre promessi a Bruxelles. Ora la corsa frenetica contro il tempo è concentrata su dove e come estrarre le risorse necessarie per rendere più digeribili e sostenibili socialmente le dure misure sulla casa (11 miliardi l’anno contro 3,8 della vecchia Ici) e quelle sulle pensioni (dieci miliardi l’anno).
La prima concessione che eleverebbe lo stop all’indicizzazione dopo i 1.400 euro — anche se Cgil, Cisl e Uil vorrebbero alzare l’asticella verso 2.000 euro — costa circa 1,2 miliardi di euro l’anno. Di soluzioni ieri ne sono girate diverse. Al ministero dell’Economia si sta ragionando di far pagare questo conto al sistema bancario. Dalla limitazione del contante introdotta dalla manovra (500 euro per le transazioni “pubbliche” non oltre i mille euro per il resto) gli istituti di credito dovrebbero guadagnarci una bella somma. Per due ragioni: primo perché il costo annuo per la gestione dell’euro ammonta a circa 10 miliardi che andrebbe a diminuire fortemente, secondo perché aumenterebbe il ricorso ai pagamenti elettronici che in Italia al momento ammontano ad appena 62 miliardi di euro all’anno per il bancomat e 4,8 per le prepagate. La commissione bancaria è del 2-3% e se i volumi salgono, aumentano pure i guadagni.
Una parte di questo nuovo utile, che è in via di calcolo per inserire nei saldi cifre credibili a Bruxelles, dovrebbe dunque essere stornato allo Stato. Dalla tracciabilità  dei pagamenti, secondo una stima dell’Abi, dovrebbero emergere 40 miliardi di nero all’anno, circa il 3% del Pil. Anche da qui ci si attendono risorse per ora non contabilizzate.
Dall’incerto al certo gli altri capitoli che potrebbero fornire nuovo gettito riguardano l’aumento del contributo di solidarietà  una tantum alla mole del capitale scudato che ammonta a 182 miliardi di euro sui condoni tremontiani dal 2002 in poi. Il governo lo ha fissato in un timido 1,5% in più per un gettito di 2,1 miliardi di euro. I sindacati, e parte della maggioranza sorretti dalla sinistra, hanno già  proposto di raddoppiare o triplicare l’aumento. Ne verrebbero fuori 4 miliardi in più che servirebbero non solo per attutire gli effetti della mancata indicizzazione ma anche per graduare lo scalone delle pensioni di anzianità .
Per grattare il fondo del barile non mancano altre idee. Come quella di seguire la Germania sulla strada di fare un accordo con la Svizzera sui capitali esportati illegalmente. Quella di aumentare l’Ici anche sugli immobili del Vaticano (almeno per le strutture commerciali e turistiche) e ieri è emersa pure una nuova stretta sui medicinali. Ieri sera al ministero dell’Economia è stata convocata la Federfarma per tentare una mediazione.

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