Le rendite aumentano solo per l’Ici

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L’imposizione immobiliare si basa su criteri del tutto casuali: la corrispondenza tra valori fiscali e reali dei beni non si riscontra quasi mai e se nella maggioranza dei casi la differenza è a tutto vantaggio dei contribuenti, nel senso che il Fisco valuta l’immobile assai meno del mercato, non di rado si verifica il contrario. Non si poteva pensare che in pochi giorni il governo Monti potesse far quello che per almeno una decina d’anni non si è fatto nonostante le promesse e cioè una revisione attendibile dei valori del catasto, e così tutte le anticipazioni della vigilia sulla progressività  dei tributi immobiliari in funzione del numero di beni posseduti, del loro valore o del patrimonio del proprietario si sono scontrati con la realtà : la via più breve per fare cassa è prendere i parametri già  esistenti e aumentarli in maniera lineare, con il risultato che si fanno crescere gli introiti per l’Erario ma si aumentano anche le sperequazioni.
È quanto succederà  per l’Imposta municipale unica, che manderà  in pensione anzitempo l’Ici e che, contrariamente a quanto previsto dal decreto sul federalismo municipale dell’esecutivo Berlusconi, sarà  applicata anche sulla prima casa, l’abitazione cioè dove il proprietario ha la residenza.
Per quanto riguarda gli immobili residenziali si è deciso di innalzare i valori catastali del 60% e su quelli applicare le aliquote del tributo: e a questo proposito dobbiamo ribadire che l’aumento degli estimi catastali vale ai soli fini del nuovo tributo comunale, ma non riguarda né l’Irpef né le imposte per il passaggio di proprietà .
Nella tabella cerchiamo di dare un’indicazione di massima di quanto potrà  costare l’imposta per i proprietari di prima casa nelle principali città  italiane. Per il calcolo ci siamo basati sui valori fiscali medi per vano catastale aggiornati dall’Agenzia del territorio al 31 dicembre 2010. E già  il fatto che si debba ragionare su una categoria, come quella del vano, che non ha nessuna aderenza con il mercato reale, la dice lunga sull’attendibilità  del sistema impositivo: un vano infatti può essere di 10 come di 20 metri quadrati a seconda delle caratteristiche dell’immobile; il problema è che sul mercato 10 metri non valgono come 20.
Il secondo problema nasce dai criteri di attribuzione delle categorie: soprattutto in grandi città  come Roma o Milano si verifica spesso che case d’epoca centrali e magari ristrutturate magnificamente siano considerate dal catasto alla stregua di case economiche o popolari perché vecchie mentre casermoni periferici ma recenti abbiano valori fiscali più elevati, quando il mercato direbbe l’esatto contrario.
Il calcolo della tabella per le categorie A2, A3, A4, ed A7 ipotizza che i Comuni adottino l’aliquota del 4 per mille sul valore catastale rivalutato e applichino una detrazione di 200 euro (il minimo previsto dalla legge) sull’importo. Come si vede per le case popolari di categoria A4 il tributo sarà  o nullo o comunque irrilevante mentre nella categoria A3, quella delle case economiche, si spenderanno in media tra i 200 e i 300 euro nelle città  del Nord, molto meno al Sud. Nelle case A2, categoria nella quale di fatto rientrano la gran parte delle case costruite dagli anni Ottanta in poi in edilizia libera, Bologna e Torino registrano i valori medi più elevati, battendo nettamente Roma e Milano che pure hanno prezzi delle case sicuramente più alti. La Capitale e la metropoli lombarda hanno invece il più alto valore imponibile tra le case indipendenti.
In tabella sono considerati anche alloggi signorili e hanno valori catastali molto più elevati delle altre case; inoltre gli immobili in queste categorie non sono stati mai esentati dall’Ici. Sono tipologie piuttosto rare: per fare un solo esempio, a Milano di A8 ce ne sono solo 88. La nuova imposta si prospetta molto elevata, sui valori medi si superano i tremila euro a Milano e si sfiorano i 4.000 a Roma e Napoli.
Infine in tabella compaiono anche due tipologie non residenziali: gli uffici e i negozi, per i quali la legislazione prevede il calcolo degli estimi per metri quadrati e non per vani. I valori qui considerati non appaiono insostenibili ma bisogna considerare che abbiamo ipotizzato l’adozione dell’aliquota media prevista dal decreto Monti e cioè il 7,6 per mille. Le amministrazioni possono elevare il prelievo di altri tre millesimi e se così facessero gli importi da noi indicati andrebbero aumentati del 40% circa.


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