by Sergio Segio | 9 Dicembre 2011 8:26
Non solo: alcune centinaia di persone hanno portato cartelli con scritto «abbasso le olimpiadi di Londra» e «vogliamo giustizia». Protestano perché tra gli sponsor delle olimpiadi londinesi c’è Dow Chemical, la multinazionale della chimica che nel 2001 ha acquistato la Union Carbide ma rifiuta di assumersi responsabilità circa la tragedia avvenuta nella notte tra il 2 e il 3 dicembre del 1984.
Quella notte nello stabilimento della Union Carbide India un impianto si è surriscaldato e una cisterna è esplosa, lasciando uscire 40 tonnellate di isocianato di metile e altre sostanze (ma questo i medici lo hanno capito dopo: i dirigenti dell’azienda si rifiutarono di dire alle autorità che sostanze fossero in quella specie di bomba). Il gas, «sparato» ad alta pressione, investì in pieno la borgata di Jayaprakash Nagar, proprio di fronte ai cancelli della fabbrica, e altri slum limitrofi. Migliaia di persone sono morte soffocate quella notte stessa e il giorno seguente: 3.787 secondo il conto ufficiale, quasi 6.000 per le organizzazioni che si occupano delle vittime. Molti di più sono morti nei mesi e anni seguenti, consumati da tumori ai polmoni e altre malattie. Il bilancio supera le ventimila vittime. Tra i sopravvissuti molti hanno malattie croniche, anche gravi: tumori, malattie respiratorie, nervose, problemi renali. Nel 2006 il governo indiano ha ammesso che oltre 500mila persone sono malate, di cui 3,900 in modo grave, per cause riconducibili alla «gas tragedy». Ma solo una piccola parte di queste persone ha ricevuto risarcimenti che li aiutino ad affrontare una vita menomata. Al momento ad esempio le autorità di Bhopal hanno inoltrato al governo centrale oltre 9.000 richieste di risarcimenti per persone affette da tumori o incapacità renale – ma i risarcimenti non arrivano.
Il disastro di Bhopal ha lasciato poi un’altra eredità : tra le carcasse arrugginite infatti restano migliaia di tonnellate di residui tossici esposti alle intemperie, mentre altre tonnellate di reflui sono stoccati in vasche mal isolate. Le sostanze tossiche hanno contaminato i terreni su cui continuano ad abitare centinaia di migliaia di persone e le falde idriche da cui attingono acqua. Solo di recente il governo di New Delhi ha affidato al ministero della difesa la bonifica dell’area.
Sia sui risarcimenti che sulla bonifica, Dow Chemical ha sempre rifiutato ogni responsabilità . Afferma che gli obblighi legali di Union Carbide si sono esauriti quando l’azienda ha versato 470 milioni di dollari in risarcimenti al governo indiano quale rappresentante legale delle vittime, ben prima dell’acquisto da parte di Dow. Dopo anni di proteste da parte di diversi gruppi e sindacati delle vittime di Bhopal in effetti anche le autorità indiane hanno accettato di riaprire la questione, e ora chiedono 1,7 miliardi di dollari per le vittime del disastro.
Per questo la presenza del simbolo Dow Chemical in bella mostra nello stadio olimpico che sarà guardato da tutto il mondo ha fatto infuriare molti a Bhopal. Hanno protestato il capo del governo del Madhya Pradesh, stato di cui Bhopal è la capitale, e numerosi atleti. Mentre sabato scorso alcune centinaia di persone hanno bruciato, davanti ai cancelli della fabrica ormai in disuso, le effigi di Sebastian Coe, presidente del Comitato organizzatore delle prossime olimpiadi di Londra, e di Vijay Kumar Malhotra, capo del comitato olimpico indiano.
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