Le banche? Troppo importanti per essere lasciate ai banchieri

by Editore | 31 Dicembre 2011 7:33

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Le banche acquistano denaro e vendono denaro o meglio acquistano l’uso del denaro e vendono l’uso dello stesso denaro, attività  che non richiede né la proprietà  né il possesso del denaro. La vendita dell’uso del denaro implica il trasferimento del denaro dal venditore al compratore, senza possibilità  di controllarne la destinazione: una volta che il denaro entra nelle disponibilità  del debitore, è praticamente impossibile. 
In questo modo però il rischio non riguarda solo il prezzo per l’uso del denaro (rischio in c/interessi), ma la restituzione del denaro stesso (rischio in c/capitale). Nelle altre attività  economiche, il venditore può cercare di evitare qualunque rischio ottenendo il prezzo della compravendita contestualmente alla consegna del bene ceduto o anche farsi pagare anticipatamente la prestazione di un servizio. L’attività  bancaria è l’unica dove, anche in caso di pagamento anticipato della transazione, resta un rischio multiplo del valore della transazione stessa. Ora, se la banca vende ciò che compra, senza alcuna trasformazione fisica o spostamento materiale del bene oggetto della propria attività , come può praticare due prezzi diversi per lo stesso oggetto, ovviamente al netto dei costi per la gestione del denaro? Il costo unitario del denaro è il tasso di interesse. I tassi di interesse non sono uniformi a parità  di quantità  di denaro prestata e la differenza dipende dalla rischiosità  delle operazioni realizzate: capacità  del prenditore di denaro di pagarne l’uso (interesse) e di restituirlo a scadenza; durata nel tempo (scadenza del finanziamento) che, aumentando, accresce il rischio dell’operazione. 
Quindi, per realizzare un profitto la banca deve modificare il profilo del rischio delle operazioni che esegue. In altri termini, per guadagnare la banca deve produrre rischio. Trasferendo il rischio a livelli sempre più alti, aumenta il differenziale fra i tassi, passivi ed attivi, che la banca pratica alla propria clientela e, se il rischio non si trasforma in perdita, gli utili sono maggiori. La produzione bancaria consiste quindi in un riposizionamento del rischio fra il denaro preso a prestito e quello dato a prestito, per qualità  della clientela e per durata dell’operazione. Se la banca non fosse disponibile a differenziare i livelli di rischio, verrebbe meno la stessa attività  creditizia. Più alti sono i profitti che vuole ottenere, più alto è il rischio che la banca deve correre. (…) 
Se, poi, i decisori ottengono retribuzioni incentivanti rispetto ai profitti, i rischi assunti saranno ancora maggiori. In altre parole, se incentivo le retribuzioni dei banchieri legandole ai profitti che sono correlati positivamente ai rischi assunti, li sto incitando ad assumere rischi sempre maggiori. Inoltre mentre i profitti li registro con scadenze ravvicinate, la maggior parte delle perdite di insolvenza le registro alla scadenza del contratto (o anche dopo). La rilevazione contabile dei ricavi è allora anticipata rispetto ai costi di insolvenza. La critica contro i bonus dei banchieri è stata prevalentemente di carattere etico e morale. Pochi si sono chiesti se, per le banche, i bonus connessi ai profitti non fossero un incentivo monetario distorcente…
Il testo integrale è disponibile 
su www.sbilanciamoci.info

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