Le accuse di Angela al vertice di Cannes “Silvio, l’euro è in crisi per colpa tua”

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Di lì a qualche giorno, ai primi d’agosto, Berlusconi riceverà  la lettera-diktat della Bce. Segno che la gestazione del governo Monti precede di molto la presunta telefonata della Merkel a Napolitano e procede in parallelo con l’aggravarsi della crisi di fiducia del Cavaliere. Ma il vero punto di svolta è stato il vertice del G20 a Cannes del 3 e 4 novembre. 
Atterrato in Francia sotto un cielo nero e una pioggia battente, il Cavaliere comprende per la prima volta che la fine si sta davvero avvicinando. Pochi minuti prima che il summit prenda il via si svolge infatti un drammatico incontro segreto tra la stessa Merkel, Sarkozy, Van Rompuy, Barroso, oltre ovviamente a Berlusconi. Il premier italiano è arrivato al G20, nonostante tutti gli sforzi, ancora una volta a mani vuote. E i leader europei stavolta non sono disposti a farsi prendere in giro, non accettano più rassicurazioni verbali. 
La sera precedente, a Palazzo Chigi, si è tenuto un vertice d’emergenza. Cinque ore, con tutti i ministri più importanti a cercare di convincere Tremonti a dare il via libera al decreto sulla crescita. Ma il ministro dell’Economia, che si era opposto qualche ora prima durante il Consiglio dei ministri, continua a mostrarsi totalmente indisponibile. Anche Gianni Letta, facendosi interprete di alcuni dubbi del Colle sull’eterogeneità  della materia (il premier ha provato a infilare nel Dl norme sulla giustizia) non sembra convinto del decreto. È Tremonti a rompere il tabù: «Silvio, è inutile. Bisogna prendere atto che i mercati non chiedono nuove misure bensì un segnale di discontinuità  politica». L’indicibile – le dimissioni – si materializza per la prima volta a Palazzo Chigi. Chi comprende perfettamente quello che sta per succedere è Giuliano Ferrara, che il giorno dopo verga un editoriale micidiale contro Tremonti, accusandolo di avere «una personalità  disturbata». Ma ormai la frittata è fatta, Berlusconi parte per Cannes disarmato e nudo. E la Merkel, stavolta, non accetta promesse. 
Di quanto abbia detto la Cancelleria a Berlusconi, di fronte a testimoni (oltre ai quattro citati c’erano anche diplomatici e funzionari), non ci sono verbali o fuori onda. Clemente Mastella, parlamentare europeo, racconta tuttavia la versione che è rimbalzata di bocca in bocca fino a Bruxelles: «Merkel fu molto dura. Gli gridò in faccia: la crisi è colpa tua». 
Da lì in avanti è stato un rotolare verso il fondo lungo un piano inclinato. Con l’umiliazione, subita al G20, di vedersi commissariato non soltanto dall’Ue (era già  stato stabilito al Consiglio europeo del 22 ottobre, quello della famosa risata Merkel-Sarkozy) ma anche dal Fondo Monetario, come un paese sudamericano. Sono per Berlusconi delle giornate nere, una brutta notizia ne scaccia via un’altra. Ripartito dal G20 con l’umore sotto i tacchi, stanco per la maratona, il premier atterra a Roma e si ributta in un altro vertice notturno a Palazzo Grazioli.
L’amara sorpresa è che a cedere è anche il fronte interno. Già  lo scorso 11 ottobre, dieci giorni prima che Merkel telefonasse a Napolitano per chiedere un cambio di governo (è la versione del Wsj), il premier aveva infatti incassato un brutto colpo, andando sotto alla Camera sul Rendiconto dello Stato. Un brutto scivolone, che aveva portato a una nota preoccupata del Quirinale: «Il problema – si chiedeva Napolitano – è se la maggioranza è ancora in grado di operare con coesione». Il 14 ottobre la fiducia passa con 316 voti, uno soltanto in più. E tre giorni dopo, il 17 a Todi, anche i cattolici “mollano” il premier con la benedizione del cardinal Bagnasco. Insomma, quella sera a Palazzo Grazioli, di rientro dal G20, Berlusconi è già  un uomo in ginocchio. 
La mazzata finale gli arriva dalla voce di un amico, Denis Verdini, il coordinatore che ha tenuto per un anno intero la maggioranza in piedi raccattando le anime perse dei cosiddetti “Responsabili”. «I numeri – gli spiega – non ci sono più, siamo fermi a 306 voti. Mi dispiace, non c’è più niente da fare». La fine è nota e arriva con il flash Ansa del 12 novembre: «+++Berlusconi si è dimesso+++». Quello che non si sapeva l’ha raccontato ieri il Wsj, riferendo quanto Tremonti confidò ad alcuni colleghi ministri delle finanze europei a proposito della lettera della Bce ricevuta il 3 agosto: «Abbiamo ricevuto due lettere di minacce, una da un gruppo di terroristi, l’altra dalla Bce. La seconda è peggio della prima». Non si sbagliava.


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