«Conflitto d’interessi? No, ho già  venduto le azioni di Intesa»

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Vorrei prima di tutto sgombrare il campo dai presunti conflitti di interesse. Pur non avendo alcun obbligo di farlo, nei giorni scorsi ho vendute tutte le mie azioni Intesa Sanpaolo, come avevo preannunciato in una recente intervista televisiva (il richiamo «le venda invece di continuare a dire le venderà » potrebbe far pensare che la questione sia aperta da lunghissimo tempo, mentre sono ministro da poco più di un mese).Pur non avendo alcun obbligo di farlo, ho provveduto, inoltre, a donare la piccolissima partecipazione che detenevo nel Campus Biomedico — sottoscritta per pure finalità  filantropiche — ad una delle persone più impegnate nel progetto. «Mi sono liberato» — non certo per obbligo — anche della minima partecipazione che avevo nella società  Day Hospital International, donandola a un altro azionista che condivideva con me le finalità  filantropiche con cui l’iniziativa nacque parecchi anni fa. Nell’articolo si fa riferimento anche alla società  della mia famiglia d’origine, alla quale fanno capo due alberghi e due immobili a Como, nella quale possiedo una quota di minoranza (33%), per due terzi in nuda proprietà , e nella quale non svolgo alcuna attività  né gestionale né amministrativa. Il fatto che questa società  possegga una piccolissima partecipazione finanziaria nell’albergo Villa D’Este mi pare del tutto irrilevante da qualsiasi punto di vista. Negli anni passati la società  della mia famiglia, invece di distribuire dividendi agli azionisti, aveva messo da parte liquidità  in maniera trasparente e legittima dandola in gestione in un paese dell’Unione Europea. Ciò nella prospettiva di futuri investimenti industriali che ha poi realizzato negli ultimi due anni ristrutturando uno degli alberghi di proprietà  sul lago di Como. Tutti i dettagli sono già  stati forniti al pubblico attraverso questo stesso giornale. Quanto all’incarico non retribuito che mio fratello — da esperto riconosciuto in campo turistico — è stato chiamato a ricoprire in maniera ufficiale e trasparente in una società  del settore partecipata dalla banca che dirigevo, non mi appare che configuri alcuna forma di conflitto. L’articolo riprende poi il tema Alitalia. L’operazione «Nuova Alitalia» è stata del tutto trasparente e rispettosa delle regole, comprese quelle della concorrenza. Con capitali privati si sono salvati almeno 15 mila posti di lavoro ed è stato drasticamente ridotto l’onere che lo Stato avrebbe dovuto sostenere se fosse avvenuto l’inevitabile fallimento dell’intera «vecchia Alitalia». Anche Air One dovette rinunciare al suo progetto che Intesa Sanpaolo aveva inizialmente appoggiato con finalità  esclusivamente imprenditoriali e non certo per ragioni creditizie che non esistevano. Prendo atto che nella ricostruzione del mio curriculum l’articolo ignora del tutto l’esperienza fatta a Poste italiane e non riconosce a Intesa Sanpaolo di aver rappresentato negli ultimi dieci anni un modello di banca dell’economia reale che, se maggiormente diffuso anche fuori d’Italia, avrebbe contribuito a evitare le ultime grandi crisi finanziarie. Quanto ai «pensieri obliqui» ai quali si fa cenno nell’articolo, nessuna persona che mi conosce ha mai avuto alcun dubbio sulle ragioni che mi hanno convinto a cambiare vita da un giorno all’altro e ad accettare la proposta del professor Monti. «Con le ombre e con i sospetti si uccide»: sono d’accordo con Gabanelli e Boursier. Spero di aver contribuito serenamente e concretamente a dissipare entrambi.
Ministro dello Sviluppo economico*
p.s.: non avrei nulla da eccepire se lo stipendio da ministro mi venisse pagato in Bot.


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