«Boko Haram» alza il tiro

by Editore | 27 Dicembre 2011 8:20

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Ha suscitato indignazione e allarme la serie di attentati che ha fatto strage nel Natale in Nigeria. Diverse esplosioni hanno preso di mira tre chiese cristiane, in altrettante città , e un commissariato di polizia. Le autorità  confermavano ieri la morte di 32 persone, mentre alcune fonti di stampa riferiscono numeri più alti. 
Ma quello che più preoccupa è che gli attacchi di Natale, rivendicati da Boko Haram, nome che significa all’incirca «vietata l’istruzione occidentale», segnano una escalation nella strategia del gruppo che si batte per instaurare la legge coranica nella Nigeria settentrionale. E’ la prima volta infatti che sono presi di mira i cristiani – finora gli obiettivi erano piuttosto polizia, militari, istituzioni governative: ora molti esperti di sicurezza parlano del tentativo di riaccendere un’ondata di violenza inter-religiosa.
L’attacco più sanguinoso è stato quello alla chiesa cattolica di Santa Teresa a Madalla, un suburbio della capitale Abuja. Qui domenica un’esplosione ha scosso il luogo di culto alla fine della messa, quando i fedeli avevano cominciato a uscire; i morti sono 27 ma molto altri sono rimasti feriti in un caos di macerie e fiamme, e il bilancio potrebbe salire. Ieri le auto bruciate erano state rimosse da davanti alla chiesa, sostituite dalle jeep della polizia che ora garantisce la sicurezza – e in questa scena ripulita si sono tenuti i funerali delle vittime, tra lacrime e inni sacri.
Gli altri attacchi sono avvenuti tra sabato sera e domenica mattina presso altre due chiese nel centro e nord del paese: a Jos, città  mista etnicamente e religiosamente, e a Gadaka nello stato settentrionale di Yobe. Infine un attacco suicida ha preso di mira un posto di polizia a Damaturu, nel nord-est – proprio dove tra venerdì e sabato c’era stato uno scontro armato tra le forze di sicurezza e Boko haram, in cui erano morte almeno 68 persone (di cui una cinquantina di ribelli). Sempre a Damaturu in novembre il gruppo islamista aveva rivendicato un attacco che aveva fatto un centinaio di morti.
Gli attacchi alle chiese sono stati rivendicati da un portavoce di Boko Haram, in dichiarazioni riprese dalla stampa nigeriana.
Gli attacchi ai cristiani sono stati condannati dal Vaticano – papa Benedetto XVI ha parlato di «gesto assurdo», durante il suo saluto natalizio in piazza San Pietro – oltre che dall’Unione europea, gli Stati uniti e dal segretario delle Nazioni unite. 
In Nigeria, il leader dell’opposizione ha colto l’occasione per accusare il governo di incompetenza. Mohammadu Buhari, ex militare (e originario del nord del paese, a maggioranza musulmana) , ha parlato di «mandanza di leadership» e accusato il governo di non saper garantire ai cittadini la sicurezza. Obiettivo dell’attacco il presidente Johnatan Goodluck (originario del sud e cristiano) – che ieri ha definito gli attentati «una disgrazia», ma ha aggiunto che «Boko Haram non ci sarà  a lungo. Finiranno, un giorno», commento che in effetti lascia senza parole. Non è la prima volta che il presidente Goodluck definisce il gruppo islamista un fenomeno «temporaneo». Anche se ieri, forse per rispondere alle accuse dell’oposizione, il portavoce governativo ha aggiunto che il presidente vuole «alzare lo standard delle agenzie di sicurezza» e «le sicurezza sarà  la priorità  numero 1 nella finanziaria del 2012».
La sigla Boko Haram è comparsa un paio d’anni fa nel nord della Nigeria, ma è nell’ultimo anno che è andata consolidando la sua guerra contro lo stato. Un punto di svolta sono stati gli attentati di giugno e agosto a Abuja, contro il quartier generale della polizia e la sede delle Nazioni unite: era la prima volta che il gruppo agiva fuori dal suo territorio di origine, e alcuni esperti di sicurezza l’hanno considerata un’indicazione che il gruppo ha cominciato a ricevere addestramento dall’esterno. L’attacco ai cristiani sembra una nuova svolta, e ora molti temono che si riaccendano gli scontri tra estermisti musulmani e cristiani già  visti nel decennio passato in alcune zone del nord.
Ora il governo parla di rafforzare la sicurezza. Il fatto è che finora le agenzie di sicurezza, polizia e militari, non sono andate leggere: hanno usato la strategia della terra bruciata, con retate e uccisioni extragiudiziarie e repressione indiscriminata che sembra fatta per creare un’aura di simpatia attorno al gruppo ribelle. Il quale si alimenta anche del risentimento diffuso nel nord, la parte più povera di un paese solo potenzialmente ricco, dove la disoccupazione è più alta e gli indicatori sociali più bassi.

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