by Sergio Segio | 15 Dicembre 2011 9:45
NEW YORK. Occupy Wall Street ha mobilitato un pezzo di gioventù americana e non. Negli Stati Uniti ha costretto i due grandi partiti a schierarsi pro o contro le sue parole d’ordine. Quale può essere la sua durata? Avrà un peso nell’elezione presidenziale del 2012, e di che segno? Rappresenta qualcosa di nuovo per la sinistra occidentale? Ne parlo con il vero iniziatore di Occupy Wall Street, Kalle Lasn. Nato nel 1942 in Estonia, cresciuto in Australia e Giappone, stabilitosi a Vancouver (Canada), Lasn è il fondatore della rivista anti-consumista Adbusters. È stata questa rivista sotto la sua direzione a inventare Occupy Wall Street, battezzando la sigla.
Circolarono su Adbusters gli slogan più fortunati come «Siamo il 99%», contro le diseguaglianze crescenti. Questo movimento ha fatto a sinistra l’operazione di “occupazione del discorso pubblico” che due anni prima era riuscita al Tea Party su temi ben diversi: deficit pubblico e tasse. Ma il Tea Party aveva dovuto portare in piazza, a Washington, duecentomila persone. Inoltre il Tea Party, con il suo populismo anti-Stato, è un movimento solo apparentemente spontaneo: dietro ci sono le lobby capitalistiche che finanziano la destra. Occupy Wall Street invece è nato dal basso. Non c’è una struttura centrale né un’agenda politica. Tuttavia è riuscito a dimostrare che la questione delle diseguaglianze non è superata: nei suoi primi 100 giorni i sondaggi hanno dimostrato che gli slogan contro “l’1%” sono popolari, trasversali. E adesso, chiedo a Lasn, che accadrà ?
«Abbiamo superato l’apice, il punto più alto della prima fase di questo movimento. Ma questo movimento è essenzialmente un’idea, ha radicalizzato milioni di giovani nel mondo interno attorno a una presa di coscienza: che i conti del futuro non tornano, non quadrano né dal punto di vista socio-economico, né dal punto di vista ambientale. Di fatto questa generazione si rende conto che se non si mobilita, se non combatte, non avrà proprio alcun futuro. Ora, dopo la prima fase entriamo in una sorta di ibernazione, che è in realtà un periodo di brainstorming, un’intensa riflessione collettiva. Con la primavera entreremo in una seconda fase, perfino più interessante. Io non sono in grado di anticipare le caratteristiche di questa seconda fase, nessuno può farlo. È tipico dei movimenti rivoluzionari, avere una loro logica interna un po’ folle, imprevedibile. Alcuni segnali però li stiamo già vedendo. La parte più attiva del movimento si è trasferita dentro molte università . Dalle piazze verso i campus. Non è una trasformazione banale: storicamente molti movimenti rivoluzionari hanno avuto il terreno di coltura nelle università , per esempio il Maggio Sessantotto. Un altro cambiamento riguarda l’organizzazione: anziché occupare un parco come base stabile, e poi diramare i propri messaggi e le proprie iniziative da lì, si va verso una tattica fatta di attacchi a sorpresa. Un giorno occuperemo la sede di una banca, un altro giorno la facoltà di Economia di una nota università . Chissà dove, chissà quando. Senza preavviso, colpendo sempre degli obiettivi altamente simbolici. Come sciami di api. Saremo Cassius Clay, il pugile che danzava come una farfalla e pungeva come un’ape».
La terminologia degli attacchi a sorpresa ha un’ambiguità pericolosa. La giornata mondiale di protesta il 15 ottobre 2010 a Roma è stata rovinata per le azioni violente dei black bloc. Quel giorno nel resto del mondo la protesta si svolse in modo pacifico, ma il rischio che il movimento sia inquinato da frange violente è un pericolo diffuso.
«Nella storia di questi movimenti c’è sempre stato un ampio spettro di posizioni. A un’estremità ci sono i black bloc, all’altra ci sono fautori della non violenza che si ispirano a Gandhi e Martin Luther King. Dentro Occupy Wall Street la stragrande maggioranza si riconosce in questa seconda posizione, capisce l’importanza dei metodi pacifici. D’altra parte quando il sindaco Bloomberg scatena un attacco di tipo militare per sgomberare Zuccotti Park, militarizzando la sua polizia, questo legittima i black bloc. In questo senso non mi sento di escludere sorprese, anche nell’uso della violenza».
Possiamo attenderci un programma, delle rivendicazioni?
«Nei primi tre mesi era giusto che il movimento fosse tutto orizzontale, a misura di Internet. Da quella grande riflessione che dicevo uscirà un programma positivo, con obiettivi di cambiamento politico e sociale. Se dipendesse da me li suddividerei in due categorie: misure per smantellare l’economia-casinò, cioè il meccanismo della finanza globale; e misure per uno sviluppo sostenibile”.
Tutto questo non può avvenire in una specie di vuoto pneumatico. Esiste la politica in America. C’è un partito democratico, ci sono dei sindacati.
«Attenzione, ricordiamo com’è andata la storia del Tea Party. Quel movimento ebbe un successo iniziale nella società americana. Poi decise di infilarsi nel letto dei repubblicani. Adesso sono in uno stadio di agonia terminale, come movimento il Tea Party è moribondo. Io non credo che Occupy andrà a letto coi democratici. Non credo che abbia interesse a mescolarsi con un sistema politico corrotto, dove il potere dei grandi gruppi capitalistici, il potere di Wall Street è penetrato a tutti i livelli, in tutti i partiti. Io penso che dal movimento Occupy verrà fuori un terzo partito politico, per sottrarci alla falsa scelta tra democratici e repubblicani, che equivale alla scelta fra Coca Cola e Pepsi Cola».
Nel 2000, in conseguenza del fatto che la frangia della sinistra più radicale votò per Nader, abbiamo avuto otto anni di George Bush e la guerra in Iraq.
«Capisco il paragone: l’idea che sarebbe stato meglio non avere un candidato dei Verdi, così avrebbe governato Gore e il mondo sarebbe stato migliore. Ma prima o poi gli enormi problemi di questo pianeta con 7 miliardi di abitanti sarebbero esplosi lo stesso, avremmo pagato comunque le storture di questo modello di sviluppo, sarebbero arrivate al pettine le conseguenze della spaventosa corruzione nel sistema politico americano. L’esperimento umano che stiamo conducendo su questo pianeta è un fallimento, cerchiamo di elaborare soluzioni vere, valide per il lungo termine. Io ho in mente per Occupy Wall Street uno strano ibrido, che si fonda con il Tea Party e con tutti coloro che concordano sulla profonda corruzione della politica americana. Se vince la vecchia sinistra succederà quello che è successo dopo il Sessantotto, la novità si spegnerà ».
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