«Addio ad Havel aspettando la verità »

by Editore | 23 Dicembre 2011 7:35

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PRAGA- Oggi a mezzogiorno si terrano al Castello di Praga i funerali dell’ex presidente ceco Vaclav Havel. Al rito funebre parteciperà  una folta schiera di potenti della terra: non mancheranno il presidente francese Sarkozy, il presidente georgiano Saakaskhvili e il premier britannico Cameron, saranno presenti altresì Hillary Clinton per la Casa bianca e Bill Clinton e l’ex segretario di Stato americano Albright, mentre per l’Ue Barroso e il presidente del Parlamento europeo Buzek. Rimarranno invece a margine di questo funeraleevento mediatico i molti amici di Havel dissidente. Abbiamo parlato della figura di Havel con Petr Uhl, una delle maggiori personalità  della dissidenza cecocoslovacca, ex aderente alla Quarta Internazionale negli anni ’70 e ’80, portavoce di Charta 77 e giornalista indipendente dopo la Rivoluzione di Velluto. Vorrei cominciare quest’intervista con un avvenimento caro al «Manifesto», ossia la Primavera di Praga. Che rapporto ha avuto Havel con la Primavera? Havel ha partecipato alla Primavera di Praga e alla discussione pubblica d’allora, proponendo in un articolo la creazione di un partito d’ispirazione democratica, attivo accanto al partito comunista. E ovviamente l’invasione sovietica è stato per lui uno shock, che ha determinato la sua vita e lo ha fatto entrare nella Charta 77. Lì si è trovato accanto a molti comunisti, purgati dal partito dopo il 1968: basti pensare che tra i primi 200 firmatari della Charta ben 101 erano i comunisti purgati dal Partito. Conosceva molto bene anche Jiri Hajek, che teneva contatti con i partiti comunisti critici verso l’invasione come quello italiano e spagnolo e con il collettivo del manifesto . Havel aveva aderito alla visione del socialismo dal volto umano, posizione che mantennne fino alla sua scarcerazione nel 1983. Quale ruolo ha avuto Havel nel movimento di dissidenza cecoslovacco Charta 77? Havel è stato l’estensore del documento Charta 77 e uno dei suoi primi portavoce, assieme a Jan Patocka e Jiri Hajek. Tuttavia a causa delle pressioni della polizia ha dovuto lasciare l’incarico dopo alcuni mesi. Ciò ha dato però l’impulso, affinchè i portavoce avessero un mandato scadenza. Negli restanti dodici anni non aveva un ruolo ufficiale all’interno del movimento, ma era stimato da tutti per il suo lavoro letterario e l’impegno morale. Ha avuto anche diversi momenti di prigionia, di cui il più lungo fu di tre anni e mezzo, dal quale fu rilasciato per le sue pessime condizioni di salute. Quale ruolo ha avuto Havel dopo il 1989, durante la trasformazione sociale e il passaggio al capitalismo? I l Presidente della Repubblica ha nell’ordinamento ceco una posizione piuttosto formale e somigliante al ruolo del Presidente della Repubblica in Germania. Tuttavia egli era molto attivo ed è andato certe volte oltre il suo ruolo costituzionale. Per quanto riguarda le privatizzazioni, allora fu un terreno sconosciuto. Non aveva una formazione economica, e perciò non gli imputo gli insuccessi delle privatizzazioni negli anni 90. Gli ho mosso invece molte critiche nella gestione della politica estera. Quali erano quindi le sue critiche in questo campo, dove la sua voce fu molte forte? Charta 77 prevedeva la dissoluzione di entrambi i patti militari della Guerra fredda, sia del Patto di Varsavia che della Nato. Ma quando Havel andò negli Stati Uniti negli primi anni novanta, smise di parlare della dissoluzione della Nato, anche grazie alle pressioni esercitate dai consiglieri americani. Alla fine abbandonò questo obbiettivo politico. Va tenuto conto, che Havel era molto stimato negli Usa e ottene molte onorificenze per le sue opere letterarie e per il suo credo politico, riassumibile nella frase «la verità  e l’amore trionferanno». Anche grazie a ciò abbandonò le sue posizioni quasi pacifiste e sostenne la politica estera degli Stati Uniti, anche negli suoi aspetti peggiori come la guerra nel Kosovo e l’invasione in Iraq. Io gli volevo molto bene, ma in questo campo ho avuto con lui un forte dissenso. Havel era anche un sostenitore dell’Unione Europea. Come si univa ciò al suo sostegno alla politica estera degli Usa? Per lui il sostegno agli Usa era una questione di cuore, mentre quello all’Ue una questione di ragione. Sosteneva una profonda integrazione politica e la nascita di una società  civile europea. Oltre a ciò si opponeva al consumismo e apparteneva all’undeground, ispirato dall’esperienze della beat generation. Culturalmente era perciò sicuramente di sinistra, mentre politicamente parlando lo era molto meno, a causa soprattutto del suo disgraziato amore verso gli Stati Uniti. Infine parliamo del suo rapporto con la fase attuale del capitalismo. Sono note le sue posizioni ecologiste, talvolta espresse in modo poco sensibile, come mostra la sua dichiarazione, che la perdita dei posti di lavoro nell’industra automobilistica non fosse in fondo un gran male…. Era critico soprattutto verso il capitalismo mafioso, basato sulle clientele e sulla corruzione, che si è dispiegato nel Paese. Ciò lo ha portato verso il rifiuto dei partiti istituzionalizzati, sia di destra che di sinistra, che spesso fanno uso di questi metodi. Riteneva il capitalismo mafioso un male alla stregua del regime autoritario ante-1989. Era perciò molto critico verso la situazione attuale, e il suo pensiero aveva talvolta anche delle punte anticapitaliste.

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