L’applauso a metà dei mercati Resta il nodo dei finanziamenti
MILANO – A poche ore dal riavvio dei mercati gli addetti analizzano le misure del summit di Bruxelles. Due punti sono centrali per capire se gli sforzi di Bce e Consiglio d’Europa placheranno l’ansia dei mercati. Uno riguarda i nuovi denari e chi li metterà , l’altro la tempistica delle misure, lunga qualche mese mentre i listini vivono nei minuti secondi. Gli operatori finanziari nicchiano, perché neanche stavolta s’è scelto di stampare moneta, e anche delle monete in circolo ce n’è poche: l’unico impegno è quello dei paesi di indicare, in 10 giorni, il contributo ai 200 miliardi di euro con cui si rimpinguerà il Fondo monetario, con la formula inedita dei prestiti bilaterali, da dirottare poi agli Stati in crisi. «I colloqui tra Bundesbank e governo sono in corso – ha detto un portavoce della banca centrale tedesca – La cifra concreta del contributo non è ancora stata fissata». Ricalcando le quote di adesione alla Bce, la Germania verserebbe 47 miliardi (il 27%). Ma è arduo che si adotti questo metodo perché Grecia, Irlanda e Portogallo non dovrebbero versare fondi (semmai riceverli). E anche l’Italia, che della Bce ha il 20%, è in posizione intermedia tra dare e avere. La Danimarca, fuori dall’euro, ha detto che fornirà 5,4 miliardi. Sarà un test di tenuta politica vedere come i Paesi divideranno l’onere degli aiuti, in un momento in cui l’Europa entra in recessione e scarseggia la liquidità . Il contributo al Fmi non è l’unico aspetto. Entro marzo 2012 andranno preparati gli altri rimedi. Da quello – basilare per i tedeschi – che impone disciplina contabile e sanzioni automatiche ai paesi in “disavanzo strutturale” dello 0,5% sul Pil (sempre non finisca come il vincolo del 3% voluto da Theo Waigel, padre tedesco dell’euro che disse la frase drei komma null, tre virgola zero, ma in seguito anche il ratio cardine di Maastricht è stato calpestato). Non è ancora chiaro come scatteranno le sanzioni, che dovrebbero consistere in una pesante multa previo congelamento di fondi ai Paesi. Poi c’è la genesi faticosa dei fondi salva stati. L’Efsf, nato mesi fa con dote da 440 miliardi, ne ha impegnati 113 per aiuti a Grecia (70), Portogallo (26), Irlanda (17,7). Entro marzo gli Stati membri ne verificheranno l’adeguatezza: ora non è stato rimpolpato, mentre si è deciso che a luglio 2012, in anticipo, lo sostituirà il fondo Esm con risorse per 500 miliardi. I fondi passeranno sotto la gestione della Bce, che non unirà il suo bilancio (potenza di fuoco 2mila miliardi, estensibile se stampasse altra moneta) ma ne coordinerà l’azione rendendola più efficace. Più agile sarà anche l’intervento dei fondi, poiché la “condizione di urgenza” dei richiedenti, finora regolata dal voto unanime nella Bce e in Commissione Ue, vede ora il quorum calare all’85%. Altra buona notizia è la promessa, nel summit, che non ci sarà un altro salasso sui creditori privati come nel caso di Atene, stralciando metà del valore dei bond greci delle banche con effetto contagio su tutti i titoli periferici d’Europa. «Siamo più vicini a sistemare i problemi ma serviranno alcuni mesi, non alcune ore – riporta una nota Citigroup – comunque le misure prese sono piuttosto disordinate». Non esiste margine di errore, perché un attacco ribassista prima di Natale, magari approfittando del possibile ribasso del rating alla Francia, lascerebbe fino a primavera solo la Bce a difendere i titoli sovrani, con il programma di acquisto sui mercati fino a 20 miliardi la settimana. Il Tesoro italiano sta all’erta, perché tra febbraio e aprile 2012 manderà 165 miliardi in emissioni alle aste. E nei dati a settembre, diramati dall’Eba, si è visto che le banche estere sono già in fuga dai Btp, e le italiane li mantengono solo dopo un raddoppio della protezione in derivati.
Related Articles
Teheran, la vita al tempo delle sanzioni Al gran bazar caccia alle monete d’oro
E sui vagoni della metro le ragazze in chador vendono calze a rete
Without Words. Diary from Gaza by Mona Abu Sharekh
At the beginning of Israel’s current offensive against Gaza, I decided to start a diary, believing that words could make a difference. Then, after the Shajayya massacre, I stopped writing, and indeed talking, altogether.
Sulle barricate con gli “ zadisti ” gli eco-ribelli che sfidano Parigi
Sono l’avanguardia dei verdi che, come i No Tav italiani, bloccano i cantieri per fermare la costruzione di aeroporti e dighe. Tra loro anche Rémi, il militante ucciso dalla polizia negli scontri Era il 24 ottobre e ora la sua morte infiamma il Paese. “Stop alle grandi opere, salviamo la Terra”