La zona euro è in alto mare
Sarà per la notte tra giovedì e venerdì? Oppure venerdì, a mercati chiusi? O ancora, lasceranno passare Natale, visto che anche nelle agenzie di rating ci sono esseri umani e le feste valgono per tutti? La Francia aspetta da un momento all’altro il famoso downgrading da parte di Standard & Poor’s, mentre Moody’s sembra prendere tempo (e Fitch, diretta da un francese, pare avere un atteggiamento più amichevole). Lo spread italiano è in rialzo, l’euro indebolito (è l’unica buona notizia, assieme ai tassi chiesti alla Spagna, piccolo regalo di benvenuto al governo Rajoy, che lunedì farà la sua dichiarazione politica).
Lapalissiano, presidente
Da Berlino, il presidente della Bce Mario Draghi impartisce la sua lezione a una zona euro sempre più in alto mare. Al Consiglio europeo dell’8 e 9 dicembre sono stati, certo, fatti dei «passi avanti in direzione di regole di bilancio chiare nell’Unione monetaria», dice Draghi. La crisi «tuttavia non è finita», bacchetta l’emulo di Monsieur de Lapalisse, non perché, come vedono tutti, gli annunci di licenziamenti si accumulano (per limitarsi alla Francia, nelle ultime ore Peugeot ha confermato che ci sono 6 mila posti di lavoro da sopprimere e che quasi tutti i siti di produzione saranno toccati, il Crédit Agricole ridurrà l’occupazione di 2350 unità , di cui 850 in Francia, mentre Air France per il momento smentisce 2 mila licenziamenti). Ma perché, secondo Draghi, lo “slancio” ad applicare le decisioni prese dà segni di cedimento. Intanto, Draghi ribadisce che l’acquisto di obbligazioni dei debiti pubblici da parte della Bce non è «né eterno né infinito». Nel frattempo, la Bce allarga un po’ i cordoni della borsa, ma solo nei confronti delle banche: sono state realizzate due operazioni di crediti illimitati su tre anni (la Bce non comunica il nome delle banche beneficiarie, per non indebolirle).
Mezzi da utilizzare
Per Draghi, la cosa peggiore che le banche possono fare è di restringere il credito a imprese e famiglie. Così, «deve essere assolutamente chiaro che nelle condizioni attuali dove rischi sistemici intralciano seriamente il funzionamento dell’economia, non vediamo alcuna stigmate ad usare i crediti forniti dalla Bce: i nostri mezzi sono lì per essere utilizzati», ha spiegato Draghi. Ma i mezzi sono pochi, al di là della Bce, che continua a muoversi con i piedi di piombo.
L’accordo definito “storico” dell’ultimo vertice dell'”ultima chance” è già in alto mare. La Germania continua a non muoversi sul rafforzamento del Fesf (il Fondo salva-stati) e pretende che i soldi già spesi (i circa 200 miliardi utilizzati per Grecia, Irlanda e Portogallo) vengano detratti dai 500 miliardi di cui dovrebbe essere dotato il Mes (Meccanismo di stabilità ), che dovrebbe sostituire il Fesf a metà 2012. Invece, alcuni stati vorrebbero che le potenzialità residue del Fesf venissero addizionate al fondo del Mes, per aumentare la forza del “parafulmine”. Una doccia fredda viene anche dall’Fmi, che giudica «insufficiente» l’accordo per il trattato intergovernativo.
Il famoso accordo “storico” di dicembre è in alto mare, perché cominciano le difficoltà nel passare dalle parole ai fatti. Il testo definitivo deve essere pronto per marzo. Ma quanti saranno i paesi all’arrivo?
Dubbi e perplessità
Tra i “+9” (oltre i 17 della zona euro), già la Repubblica ceca comincia a ritrovare i dubbi che aveva alla vigilia del Consiglio e non vuole che le regole di equilibrio di bilancio vengano applicate con la stessa severità anche nei paesi che non hanno l’euro e che sono solo candidati ad entrare nella moneta unica. La Svezia ha difficoltà sull’armonizzazione fiscale, perché i social-democratici temono un cavallo di Troia per poi tagliare il welfare. La Danimarca avanza dei dubbi sulla tenuta del governo al momento della ratificazione. E anche tra i 17 ci sono perplessità : previsioni di problemi per la ratifica in Olanda, ipotesi del ricorso a un referendum in Irlanda.
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