by Sergio Segio | 9 Dicembre 2011 9:10
Oggi lo scontro non è tra euro e dollaro. Gli Stati uniti hanno sempre avuto un atteggiamento ambivalente sull’euro, da un lato minaccia all’egemonia del dollaro come moneta mondiale, dall’altro supporto all’integrazione internazionale. L’antagonismo è di lungo periodo, la necessità di sostegno è urgentissima, perché un crollo dell’euro sconvolgerebbe tutto l’occidente, Usa compresi. Il governo di Washington non ha risparmiato sforzi per rimediare al crollo finanziario del 2008, salvando (quasi tutte) le banche di Wall Street, con 800 miliardi di dollari e poi iniezioni di liquidità dieci volte superiori. Dopo un impegno di questa entità , Obama non può permettersi di perdere le elezioni per il rimbalzo oltre oceano della crisi europea. Di qui l’enorme emissione di liquidità degli Stati uniti, che ha contribuito ad evitare che la crisi del debito europeo – e la fuga di capitali dall’Europa, da Grecia e Italia in particolare – si traducesse in una speculazione contro l’euro, che ha mantenuto un cambio relativamente stabile con il dollaro.
Oggi lo scontro è tra politiche di austerità e di ripresa. Roma, come sempre, sta in mezzo. Mario Monti ha ricevuto ieri il ministro dell’Economia Usa Tim Geithner, che l’ha esortato a mettere i conti in ordine e a osare di più contro la recessione. Difficile che l’abbia convinto. A Geithner è andata meglio con l’altro Mario (Draghi), quello di Francoforte, che dalla Bce ha tagliato i tassi d’interesse di un quarto di punto e ha assicurato liquidità illimitata alle banche per tre anni. Una ricetta “americana” a cui – per ridurre lo spazio della speculazione – manca ancora l’impegno a comprare senza limiti titoli di stato dei paesi in crisi. Un’azione che potrebbe diventare possibile dopo il vertice europeo di oggi a Bruxelles.
Nemmeno questo tuttavia oggi potrebbe bastare. Della via d’uscita per l’Europa – e l’Italia – se ne parla oggi a Firenze, al teatro Puccini, con le proposte del dibattito de il manifesto e Sbilanciamoci su come fare “cambiare rotta” all’Europa di fronte al troppo poco e troppo tardi che verrà da Bruxelles.
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