La seconda vita di YouTube Più controlli per attirare spot

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NEW YORK — Internet cambia la televisione, i confini tra palinsesti dei «network» fruibili sul grande schermo e i singoli video visti su «tablet», «personal computer» e telefonini «smart», si fanno sempre meno netti e YouTube cambia pelle per cavalcare questa rivoluzione: il grande sito dei video amatoriali, che da cinque anni appartiene a Google, entra nell’età  matura proponendo ai suoi 800 milioni di utenti sparsi nel mondo un’offerta più organizzata, con un sapore più «televisivo» e intanto si prepara a sfornare un centinaio di nuovi canali tematici o professionali.
È la scommessa su un futuro fatto di «palinsesti personali» che Google e YouTube affrontano reclutando per i nuovi canali «star» dello spettacolo come Madonna e Ashton Kutcher e associandosi, per la produzione di contenuti informativi e di intrattenimento, con partner come Disney, l’agenzia Reuters e il Wall Street Journal. Una scommessa partita due giorni fa negli Stati Uniti col lancio del primo canale tematico, quello dedicato alla scuola.
Come tutte le rivoluzioni, anche questa è destinata a procedere su un terreno accidentato. La progressiva evoluzione dell’impostazione di YouTube, culminata nella nuova «home page» introdotta all’inizio di dicembre, ha suscitato non pochi mugugni tra i patiti del «video sharing». Sui siti specializzati e nella stessa pagina aperta da YouTube che ha chiesto agli utenti di esprimere un giudizio sulle novità , si sprecano le critiche, anche feroci: niente più caos giovanilistico che era diventato sinonimo di libertà  assoluta, anche a costo di riempire il sito di immagini curiose di animali domestici e di neonati che cadono dal seggiolone. Molti l’hanno presa come una virata destinata a penalizzare la libertà  d’espressione, sacrificata sull’altare degli interessi economici.
Probabilmente esagerano, irritati da un cambiamento che era ormai da tempo nelle cose. «La festa è finita» ha scritto sul New York Times il critico Mike Hale. Dalla lunga infanzia nella quale venivano enfatizzati tutti i filmati «virali», quelli che attiravano più «click», anche se sciocchi, si passa a una stagione più matura nella quale, com’è evidente fin da una «home page» molto più razionale e organizzata, ci sarà  più controllo sull’offerta. Il tentativo sembra essere quello di indirizzare il pubblico verso nuove aree, di rendere più prevedibile il comportamento degli utenti o, almeno, di una loro fascia.
Rimettendo a fuoco il modo di operare di un sito acquistato nel 2006 che ha avuto fin dall’inizio uno straordinario successo di pubblico, ma non ha fin qui trovato un modello di business stabilmente redditizio, Google cerca, insomma, di rendere l’offerta di YouTube più televisiva e più adatta al mercato pubblicitario: un settore che ha bisogno di lavorare su una materia che abbia un certo grado di omogeneità  e prevedibilità .
Questo non significa che non ci sarà  più spazio per i milioni di filmati amatoriali, che l’accesso non continuerà  ad essere libero per ogni tipo di contenuto: sarebbe un errore, visto che la proliferazioni di video come quelli familiari, scolastici o relativi agli sport praticati da dilettanti, è stata all’origine del «boom» di YouTube. E infatti le procedure di accesso al sito non sono state modificate. Quella che cambia è l’organizzazione del materiale: c’è una maggior visibilità  dei canali «strutturati», mentre i video «random» sono meno enfatizzati. Quelli più visti sono ancora accessibili attraverso un tasto «popular» allineato insieme ad altri.
Google si gioca questa partita con un occhio attentissimo allo sviluppo dei «social network»: quello del gruppo, Google+, ma anche Facebook, hanno una «porta d’accesso» riservata nella «home page» di YouTube. Il gigante Facebook sta diventando un pericoloso «competitor» di Google in molte aree, ma il gruppo di Mountain View non può non riconoscerne la rilevanza sul mercato della comunicazione anche di immagini e video.


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