by Editore | 24 Dicembre 2011 9:31
Wang Yang, il segretario del Partito comunista (Pcc) del Guandong, si fa vivo al momento di siglare il compromesso, sottolineando che la sommossa di Wukan va tenuta in seria considerazione perché è «il risultato di conflitti che si sono accumulati da lungo tempo, nel corso dello sviluppo economico e sociale». Ma i veri vincitori, se l’intesa raggiunta reggerà , sono i 20.000 residenti (in maggioranza pescatori) che una decina di giorni fa – dopo la morte di un dimostrante – erano insorti cacciando le autorità dal piccolo centro della provincia della Cina meridionale. Alla fine Wukan ha ottenuto il congelamento del passaggio ai palazzinari di circa 160 ettari; la rimozione di Xue Chang e Chen Shunyi, rispettivamente capo locale del partito e «sindaco» (secondo il «China Daily», «per aver violato le leggi sulla vendita di terra ai costruttori»); la promessa della rapida scarcerazione degli arrestati durante i cortei; l’apertura di un’inchiesta sul decesso di Xue Jinbo, «rappresentante temporaneo» del villaggio morto in cella l’11 dicembre scorso, secondo i parenti in seguito a torture; l’assicurazione che i «rappresentanti temporanei» che la popolazione si era data durante i moti non saranno trattati come criminali. Gli ultimi giorni erano stati di stallo, carichi di tensione, poi le trattative tra autorità e ribelli che hanno aperto la strada al compromesso. Prima era stata cancellata la marcia contro l’ufficio del governo a Lufeng (la città più vicina) prevista per mercoledì scorso. Infine, l’altro ieri, sono state rimosse le barricate di tronchi d’albero erette per impedire l’ingresso della polizia al villaggio.
Sarà un esempio?
Fino a qualche tempo fa, la pesca garantiva un’esistenza dignitosa ma negli ultimi anni l’inquinamento e la concorrenza dei grandi pescherecci hanno spinto la gente di Wukan a fare maggiore affidamento sui campi, che nel frattempo – come in tutta la Cina – erano stati saccheggiati dai costruttori, che li acquistano, spesso in maniera fraudolenta, grazie al sostegno di amministratori corrotti. La rivolta – lo testimoniano gli striscioni patriottici che chiedevano il soccorso del Pcc dal capoluogo provinciale Guangzhou e da Pechino contro i «rapaci insaziabili» – non era anti-sistema. Tuttavia, rispetto ai circa 90.000 «incidenti di massa» che ogni anno si verificano nel paese, ha stupito per la determinazione dei protagonisti, che hanno dato vita a una sorta di «governo provvisorio» e sono riusciti a resistere per una decina di giorni. Wukan rappresenterà un esempio per le prossime lotte? O piuttosto è la conferma della capacità di mediazione del Pcc, che si è dimostrato abile – secondo alcune testimonianze, anche «acquistando» una parte dei rivoltosi – nel far rientrare nei ranghi una sommossa che stava imbarazzando il Partito? Intanto, in una provincia che si trova a far fronte a un brusco rallentamento economico, ieri la polizia ha disperso migliaia di persone che da giorni manifestano contro la costruzione di una centrale a carbone ad Haimen, a un centinaio di chilometri da Wukan.
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