La rabbia di Sestri: «Il governo cancella duecento anni di storia»

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GENOVA – Un camioncino davanti all’entrata. Il fuoco acceso dentro un bidone. Un albero di natale con al posto di nastri e palle, i cartelli contro i sindacalisti che l’altro ieri hanno firmato a Roma un accordo separato. Così i lavoratori del cantiere Fincantieri di Sestri ponente hanno proseguito ieri la loro protesta. L’ultima nave, un’Oceania, è ferma sui moli da due giorni. Nessuno dei 741 addetti accede al cantiere da due giorni. Non ci provano neppure gli impiegati. L’altro ieri dopo un’assemblea gli operai hanno tolto gli scalandroni e fatto scendere tutti i lavoratori, anche quelli delle ditte esterne. «Non c’è voluto molto a convincerli – spiega un operaio – Saranno i primi a restare a casa e neppure con uno straccio di cassa integrazione». E non è la cassa integrazione che fa paura ora, te lo dicono tutti, ma il futuro zero. «Non si lavora anche perché sono in sciopero anche i guardiafuochi – commenta Giulio Troccoli, rsu Fiom di Sestri – A volte scrivono le cose in sindacalese. Nell’accordo separato firmato dalle segreterie nazionali di Fim e Uilm l’altro ieri a Roma invece c’è scritto in italiano che Sestri e Castellammare di Stabia escono dal settore Cruise. A noi la prospettiva a questo punto sembra la chiusura visto che non ci hanno dato i numeri degli esuberi e neppure della cassa integrazione». 
L’accordo di 40 pagine, firmato la sera del 21 dicembre presso il ministero del lavoro, prende atto della crisi della cantieristica navale con una «drastica riduzione di ordini di nuove navi» e precisa che «il piano di riorganizzazione è finalizzato a salvaguardare tutti i siti e a minimizzare l’impatto occupazionale». Poche righe dopo però c’è scritto l’esubero per 1.243 persone «ad esclusione dei siti di Sestri e Castellammare interessati da interventi strutturali» e cassa integrazione per 24 mesi dal 1 gennaio 2012. I nodi arrivano a pagina 21 e 22 dove si spiega che a Palermo «ferma rimanendo una linea di costruzioni, l’azienda opererà  per il rilancio delle attività  di riparazione e trasformazione navale» mentre a Sestri e Castellammare «di cui sono ben note le carenza infrastrutturali» e visto che sono stati sottoscritti accordi «per la definizione di percorsi di riqualificazione delle aree…l’azienda conferma l’impegno ad utilizzare i propri impianti per la costruzione di navi compatibili col permanere di dette inefficienze». In quel «compatibili» e nelle prospettive di riqualificazione, la Fiom ha letto futuro niente. E infatti al capitolo investimenti per il 2012-13 Monfalcone prende 19 milioni, Marghera 23, Riva 14,9, Muggiano 10,9, Ancona 5,9, Palermo 6,6 milioni, Stabia 4,8 e Sestri 400 mila euro.
Il commento è su un cartellone: «200 anni di storia cancellati da questo governo». Accanto c’è un’auto con due bambini dentro, uno ha la febbre: «Dove li portavo? Mia moglie è al lavoro – dice un lavoratore esasperato – Qui ci troviamo a subire le scelte di sindacalisti che in cantiere hanno un paio di iscritti e quando si siedono al tavolo nazionale contano come la Fiom. È assurdo». Perciò tutti sono felici quando arriva la notizia che le segreterie provinciali palermitane di Fim e Uilm hanno chiesto alle loro segreterie nazionali di ritirare la firma dall’accordo. Poi passa la parlamentare Pd Roberta Pinotti in corsa per le primarie a sindaco, che assicura di averne parlato al ministro Passera, e arriva anche un messaggio dell’arcivescovo genovese e presidente della Cei Angelo Bagnasco che si augura che il cantiere non chiuda, e parla di «presidio lavorativo glorioso e storico». 
A fine giornata ad Ancona si sono dimessi i delegati Fim e Uilm polemizzando contro l’accordo separato. A Palermo i sindacati confederali si sono ricompattati contro il documento che prevede per il sito siciliano 140 lavoratori in eccedenza. Il responsabile nazionale della cantieristica per la Fiom, Alessandro Pagano chiede una riapertura delle trattative. Sarebbe il regalo migliore per tutti.


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