by Sergio Segio | 2 Dicembre 2011 7:22
E così, alla fine, il premier e ministro dell’Economia, Mario Monti, pressato anche dalle forze politiche, ha pensato che fosse meglio convocare per domenica mattina le parti sociali: sindacati e associazioni imprenditoriali per illustrare loro, almeno a grandi linee, la manovra impopolare che il governo sarà costretto ad approvare il giorno dopo per far fronte alla gravissima crisi economica e finanziaria. Ma questa mossa non è detto che basti a evitare la protesta del sindacato: che potrà andare da iniziative soft, come manifestazioni nazionali, fino allo sciopero generale. Anche se, al momento, appare improbabile che Cisl e Uil possano prendere decisioni insieme con la Cgil.
Ed è proprio la perdurante spaccatura del fronte sindacale il fattore chiave per capire le complicate relazioni che anche il governo Monti si trova a dover gestire. Il premier si è presentato in Parlamento invocando il dialogo sociale. La Cisl vi ha visto la possibilità di tornare a una stagione di forte concertazione, sul modello dei primi anni Novanta, quando il sindacato, di fronte alla crisi della politica, svolse insieme con i governi tecnici un ruolo di supplenza. Bonanni ha quindi teorizzato che a Monti sarebbe convenuto il sostegno del sindacato perché questo lo avrebbe rafforzato in Parlamento: chi si scaglierebbe contro il governo se questo raggiungesse un accordo con le parti sociali?, è il ragionamento di Bonanni. Che sul piano politico guarda con favore a un rafforzamento del grande centro, il che ha bisogno di tempo, per indebolire lo schema bipolare.
Il leader della Cgil, Susanna Camusso, ritiene invece che non sia più stagione di concertazione. A ognuno il suo mestiere. E poi, per il sindacato rosso, la cosa più importante è che sia caduto il governo Berlusconi. La Cgil, che in questi anni è stata in piazza, vuole continuare a starci, per intercettare la protesta sociale (la disoccupazione nel 2012 aumenterà ) sia quella politica (tra poco più di un anno al massimo già saremo in campagna elettorale) per portare acqua al mulino del ritorno al governo della sinistra. Il tutto nello schema bipolare.
Per Bonanni era importante sventare lo scenario di un governo che si riunisce, decide la stangata senza neppure incontrare i sindacati e un minuto dopo Camusso chiama i lavoratori alla protesta. Inevitabilmente sarebbe dovuto entrare anche lui in una logica conflittuale, «un residuo degli anni Ottanta», secondo Bonanni, che alla «sterile protesta» preferisce invece «l’assunzione di responsabilità per incidere sulle scelte». Ecco perché ora il leader della Cisl dice che il tavolo di domenica «non può ridursi a una semplice consultazione, ma deve aprire una vera trattativa sulle nostre richieste». Cisl e Uil vogliono giocare fino in fondo il loro ruolo per cambiare le decisioni del governo. Per loro la protesta non è scontata: dipenderà da Monti. Ma i margini sono strettissimi. Tutti e tre i sindacati sanno che non potranno evitare una manovra dura, forse durissima. Ma, anche in questa circostanza, seguono linee sindacali e politiche diverse.
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