LA DEMOCRAZIA ITALIANA ALLA SFIDA DELL’EQUITà€

by Editore | 27 Dicembre 2011 9:25

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La democrazia, infatti, non è solo un complesso di istituzioni e di norme, implica anche un insieme di cambiamenti culturali, sociali ed economici. Accanto alla “democrazia descrittiva” che indica le regole da applicare , c’è anche la “democrazia prescrittiva” che rimanda agli obiettivi da realizzare, per usare le parole di Giovanni Sartori. I due elementi sono entrambi necessari e devono restare sempre in equilibrio. Finora non è andata così. La Prima Repubblica è stata segnata da un’evidente anomalia democratica legata alla guerra fredda. Ciononostante, nei primi decenni post-bellici, la democrazia italiana è stata a suo modo vitale perché imperniata sulla progressiva inclusione di contadini, operai, meridionali … Nella cosiddetta Seconda Repubblica, invece, lo squilibrio si è capovolto e dietro l’insistenza sul rispetto della volontà  popolare, si è realizzata la democrazia del più forte. È questa la vera “democrazia sospesa” che occorre oggi superare. 
A questa situazione si è arrivati a seguito di processi diversi ma convergenti. Il blocco comunista in Europa è crollato mentre da società  con una minoranze di ricchi assediate dalla pressione dei poveri si stava passando a società  con maggioranze di ricchi che ignorano i bisogni dei poveri. Intanto, l’economia post-fordista dissolveva la centralità  della classe operaia, mentre il declino del Welfare State spianava la strada alle tesi liberiste. Contemporaneamente, fenomeni di grande portata storica, come i movimenti femministi, hanno spostato l’attenzione dalla questione dell’uguaglianza al tema della diversità , mentre, tramontate utopie e ideologie, all’urgenza di cambiare il mondo subentrava la pretesa di farlo funzionare correttamente. In questo contesto storico, larga diffusione ha avuto un tipo di pensiero proceduralistico, come quello di John Rawls, imperniato sulla coincidenza tra giustizia e imparzialità : una volta steso un “velo di ignoranza” sul merito delle questioni ed eliminata la parzialità  degli elementi “soggettivi”, sostiene Rawls, è inevitabile che tutti convergano su principi, istituzioni e regole ispirati dalla “ragionevolezza”. Ma l’esperienza dimostra che la ricerca di imparzialità  non basta a garantire l’equità . 
Quanti hanno infatti creduto che, dopo il crollo del blocco sovietico, la storia fosse finita con il trionfo definitivo dell’Occidente, sono stati smentiti da un nuovo dinamismo degli esclusi che, a livello planetario, ha messo in crisi il conservatorismo degli inclusi. Mentre pretendevamo di “esportare la democrazia” nel mondo, siamo stati investiti da una domanda di democrazia sostanziale seppure espressa in forme non democratiche. La democrazia è sempre sfidata dalle domande degli altri: la sua forza non dipende da principi di astratta imparzialità , ma dalla capacità  di includere le ragioni dell’altro. La democrazia non garantisce l’equità , ma deve tendere verso l’equità . Negli anni della Prima Repubblica, la crescita economica ha favorito un consolidamento della democrazia, grazie ad una più equa distribuzione delle risorse e ad una progressiva estensione dei diritti. Oggi, in un certo senso, la sfida è quella opposta: accogliere le domande chi ha di meno – non solo tra di noi ma anche lontano da noi – per favorire una crescita che sarà  anche a nostro vantaggio. Non c’è futuro per l’Italia senza il lavoro di giovani, donne, immigrati ed è una nuova democrazia dell’integrazione quella che occorre oggi costruire, aperta persino a chi deve ancora nascere. Nella tradizione ebraico-cristiana la giustizia di Dio non è mai rappresentata come una astratta giustizia imparziale e distributiva, ma sempre come un intervento fuori dalle regole e a favore degli ultimi: l’annuncio di Natale, che racconta di un bambino nato al freddo e fuori dalla città , parla anche al nostro oggi.

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