La Bundesbank boicotta il Fondo monetario
Dopo il rifiuto degli Usa a finanziare un ombrello supplementare del Fondo monetario internazionale per l’eurocrisi, anche la Bundesbank si mette di traverso, ponendo condizioni insuperabili. La banca centrale tedesca – ha scritto il suo presidente Jens Weidmann in una lettera al ministro delle finanze Wolfgang Schà¤uble resa nota mercoledì – è disponibile «in linea di principio» a rifinanziare l’Fmi con una quota fino a 45 miliardi di euro. Ma solo se il programma avrà un carattere globale, con una componente extraeuropea, sia per distribuire gli oneri, sia per evitare l’impressione che l’Europa voglia strumentalizzare l’Fmi come paravento per finanziare i suoi stati più deboli, aggirando il divieto iscritto nei trattati. Scrive Weidmann: «Se gli Stati uniti o altri contributori importanti non partecipassero, l’operazione si avvicinerebbe secondo noi in modo problematico a un sovvenzionamento dei deficit statali». Visto che gli Usa si sono già espressi in modo negativo, questa considerazione di Weidmann ha l’effetto di un siluro.
Jens Weidmann pone poi una seconda condizione imbarazzante per la cancelliera Merkel. La Bundesbank chiede un’autorizzazione del Bundestag, perché, sebbene si tratti di una operazione sul bilancio «autonomo» della Bundesbank, comporterebbe in un’ultima istanza un aumento di rischi per il bilancio federale.
Mercoledì, nel dibattito al Bundestag che ha seguito una dichiarazione di Angela Merkel sul vertice europeo dell’8-9 dicembre, democristiani e liberali hanno escluso un voto del parlamento, nascondendosi dietro l’autonomia della Bundesbank: se è autonoma, non ha bisogno di autorizzazioni. Il ragionamento apparentemente non fa una piega. Ma suona come una beffa per la Bundesbank, irritata con la cancelliera Merkel proprio perché, insieme a Sarkozy, ha concordato a Bruxelles quel che le banche centrali dei paesi dell’Unione avrebbero dovuto fare, infischiandosone della loro autonomia. Di qui la ritorsione di Weidmann: se ci trattate come marionette, tiratene le conseguenze, assumendovi la responsabilità del finanziamento. E ammettendo che così stracciate il giuramento di non sforare il tetto di 211 miliardi di euro già messi dalla Germania a disposizione del fondo salvastati Efsf.
Socialdemocratici, verdi e socialisti, da parte loro, chiedono il voto parlamentare sollecitato dalla Bundesbank, se non altro per mettere in difficoltà il governo. L’opposizione ritiene che Merkel faticherà a trovare una maggioranza per un’operazione Bundesbank-Fmi nella sua coalizione di centro-destra, condizionata da una crescente fronda «nazionalista». Come che sia, a una settimana dall’ultimo eurovertice, tutto centrato sull’irrigidimento delle regole di bilancio e delle sanzioni per i paesi dell’euro, l’unico piano operativo per rafforzare l’ombrello salvaeuro via Fmi è impantanato. Le banche centrali dei paesi dell’eurozona avrebbero dovuto versare all’Fmi 150 miliardi di euro, 50 miliardi sarebbero venuti da altri pasi dell’Unione, 100 miliardi dagli altri continenti.
In Germania il piano è bloccato dal riesplodere della controversia tra «europeisti» e «sovranisti» schierati attorno alla Bundesbank. Mentre sul piano globale sono gli Usa a sparare contro. Obama è certo interessato a un rilancio dell’economia europea, ma non con i suoi dollari: «Gli europei sono abbastanza ricchi, e nulla gli impedisce di risolvere questo problema da soli». Obama su questo terreno è incalzato dall’opposizione: 26 senatori repubblicani hanno lanciato un’iniziativa di legge che bloccherebbe ogni ricorso a fondi Usa per crediti dell’Fmi a stati europei in difficoltà . «Sarebbe immorale spendere i soldi dei contribuenti Usa per finanziare il pinguo welfare europeo», ha detto il senatore Tom Coburn. Ieri altri due senatori del gruppo sono andati a parlarne con il presidente della Fed Ben Bernanke, e sono usciti rassicurati dall’incontro: «Anche Bernanke è contrario, ci ha detto che non ha né l’intenzione né un mandato per un prestito all’Fmi». Un impegno per dieci miliardi di dollari è venuto ieri dal presidente russo Dmitri Medvedev in visita a Bruxelles. Ma certo non basterà a far decollare il piano.
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