Istat: a rischio povertà  il 18,2% dei residenti in italia

by Sergio Segio | 29 Dicembre 2011 17:45

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L’indicatore sintetico del rischio di poverta’ e di esclusione sociale, che considera vulnerabile chi si trova in almeno una di queste tre condizioni, e’ pari al 24,5%, un livello analogo a quello del 2009. Nel biennio 2009-2010 risultano sostanzialmente stabili in Italia sia il ‘rischio di poverta” (dal 18,4% al 18,2 %), sia quello di ‘grave deprivazione materiale’ (dal 7% al 6,9 %), mentre e’ aumentata dall’8,8% al 10,2 % la quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensita’ di lavoro, dove cioe’ le persone di 18-59 anni di eta’ lavorano meno di un quinto del tempo”. In Italia e in Francia “e’ piu’ marcato il rischio di poverta’ per i giovani fra i 18 e i 24 anni, rispetto alle generazioni piu’ anziane. In Italia, inoltre, e’ piu’ alto il rischio di poverta’ per i minori di 18 anni”. Nel 2010 il 16% delle famiglie residenti in Italia ha dichiarato di arrivare con molta difficolta’ alla fine del mese. L’8,9% si e’ trovato in arretrato con il pagamento delle bollette; l’11,2% con l’affitto o il mutuo; l’11,5% non ha potuto riscaldare adeguatamente l’abitazione. Il 12,9% delle famiglie abitanti nel Mezzogiorno e’ gravemente deprivato, valore piu’ che doppio rispetto al Centro (5,6%) e piu’ che triplo rispetto al Nord (3,7%). Il 50% delle famiglie residenti in Italia ha percepito nel 2009 un reddito netto non superiore a 24.544 euro l’anno (circa 2.050 al mese). Nel Sud e nelle Isole, meta’ delle famiglie ha guadagnato meno di 20.600 euro (circa 1.700 euro mensili). La quota di reddito totale del 20% piu’ ricco delle famiglie residenti in Italia e’ pari al 37,2%, mentre al 20% piu’ povero spetta l’8,2% del reddito”. Con riferimento ai redditi 2009, “la disuguaglianza, misurata dall’indice di concentrazione di Gini, mostra un valore superiore alla media europea nella ripartizione Sud e Isole (0,32) e inferiore nel Centro (0,29) e nel Nord (0,29). Su scala nazionale l’indice di Gini e’ pari allo 0,31, lievemente superiore alla media europea (0,30). Se tuttavia si includono i fitti imputati nel reddito, la diseguaglianza risulta minore (0,29). Entrambi i valori sono stabili rispetto al 2008”. (DIRE) © Copyright Redattore Sociale

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