by Editore | 16 Dicembre 2011 8:17
Islamisti alla ricerca del bis, laici e sinistra a caccia della rivincita. Questi gli obiettivi delle principali forze politiche impegnate nella seconda fase delle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea del Popolo (Maglis a-Shaab), la Camera bassa egiziana, che ha coinvolto mercoledì e ieri circa18 milioni di cittadini in nove governatorati: Giza, Sohag, Beni Suef, Assan, Sharqiya, Menoufiya, Beheira, Ismailiya e Suez. L’affluenza alle urne è stata più bassa rispetto al 52% delle votazioni che il 28 e 29 novembre avevano interessato il Cairo, Alessandra, Port Said e un’altra dozzina di governatorati. Il dato, che attende ancora una conferma ufficiale, tuttavia limiterà solo in parte le aspirazioni dei Fratelli musulmani e dei Salafiti che già quindici giorni fa, grazie anche all’alta (per l’Egitto) partecipazione, avevano ottenuto rispettivamente il 37% e il 19% dei voti. Le previsioni degli analisti indicano un nuovo successo islamista. Ma più contenuto, a causa anche delle dichiarazioni di alcuni esponenti del partito salafita «Nour» che hanno invocato forti restrizioni al turismo balneare in Egitto – una delle principali voci d’entrata per le casse dello Stato – e promesso il divieto di vendita di alcolici in tutto il paese.
Su questi timori e sulla mobilitazione delle forze progressiste, hanno fatto leva i giovani di piazza Tahrir, presenti nei partiti di «Rivoluzione Continua». I rivoluzionari dichiarano di aver serrato le fila prima del voto. «In questo modo coloro che non intendevano votare per i Fratelli musulmani e i liberali hanno potuto trovare nelle forze di sinistra un riferimento importante», ha spiegato Mohamed Sanad, del Partito dell’Alleanza socialista popolare, convinto che «Rivoluzione Continua» possa raggiungere dal 15 al 25%. Speranze che appaiono esagerate perché lo spoglio dovrebbe dare la vittoria agli islamisti in otto dei nove governatorati. È certo il successo a Baheria del Partito della Libertà e Giustizia (Fratelli musulmani) che per la quota uninominale ha presentato un personaggio noto e stimato come Gamal Heshmat, vittima in passato delle manovre sporche del disciolto partito Nazional democratico (Pnd) dell’ex raìs Hosni Mubarak. E senza dubbio la Fratellanza farà bene anche a Menoufiya, il governatorato dal quale proveniva Mubarak, dove gli uomini dell’ex Pnd non sono stati in grado di riciclarsi in formazioni credibili.
I salafiti invece dovrebbero risultare vincenti a Ismailiya (un tempo roccaforte dei rivali Fratelli musulmani) e forse anche Suez, che pure è una città di forze operaie dove non mancano gli attivisti di «Rivoluzione Continua». Il risultato di Beni Suef e Sohag dovrebbe dare un’indicazione importante per il voto nell’Alto Egitto che andrà alle urne nella terza e ultima fase delle elezioni, prevista ad inizio gennaio. In questa zona del paese è consistente la minoranza copta e ciò potrebbe dare un vantaggio al «Blocco egiziano», la coalizione che raccoglie i partiti liberali e laici, punto di riferimento degli egiziani cristiani. Ieri nel carcere di Tora ha votato anche il blogger Alaa Abdel Fattah, imprigionato un mese e mezzo fa su ordine delle autorità militari per aver puntato l’indice contro il Consiglio supremo delle Forze armate, che guida il paese dalla caduta di Mubarak. Abdel Fattah aveva accusato la giunta militare della strage degli egiziani copti avvenuta lo scorso ottobre al Maspero del Cairo. Alaa rimane in prigione così come resterà in cella, per due e non più per tre anni, un altro blogger Michael Nabil Sanad, al quale un tribunale militare due giorni fa ha ridotto la condanna emessa la scorsa primavera sempre per critiche ai generali al potere. AFFLUENZA
ALLE URNE
Rispetto al 52% di cittadini che ha votato il 28 e 29 novembre, la seconda fase delle elezioni ha registrato una minor partecipazione
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