Iran. Pronto l’embargo sul petrolio
ROMA – Diplomaticamente parlando, è stato un “battesimo del fuoco” quello di Giulio Terzi, ministro degli Esteri del governo Monti. Ha appena finito di esporre le linee della sua politica estera davanti alle Commissioni di Camera e Senato, che già è costretto a reagire in diretta alla crisi più grave di queste ore, quella iraniana. I giornalisti gli chiedono: l’Italia chiuderà la sua ambasciata a Teheran, richiamiamo l’ambasciatore dopo l’assalto all’ambasciata britannica? Terzi svicola, dice che per ora Roma «è pronta a valutare la chiusura della nostra ambasciata, vogliamo ragionare con i nostri partner, ma l’assalto alla sede britannica è intollerabile». Il nuovo ministro aveva appena ricordato a deputati e senatori di essere convinto che «un’opzione militare contro Teheran sarebbe devastante, e per evitarla continuiamo a caldeggiare iniziative diplomatiche». Ma ormai fra l’Iran e l’Europa l’unica diplomazia che viaggia sembra essere quella dello scontro. Per ora verbale.
Il ministro prima di partire ieri sera per Bruxelles ha chiesto ai suoi colleghi della Farnesina di convocare l’ambasciatore iraniano, per chiedere spiegazioni e garanzie, e poi protestare. A Bruxelles assieme agli altri ministri Ue l’Italia in queste ore discuterà e approverà nuove sanzioni: la decisione più difficile sarà quella sul possibile embargo al petrolio iraniano, una richiesta che la Francia avanza da giorni, ma che creerebbe grossi danni all’economia di Grecia e Irlanda, e che la stessa Italia adotterebbe pagando un prezzo molto alto rispetto ai suoi partner. «Il problema è che noi importiamo petrolio iraniano pari al 13% del totale», dice un diplomatico, «ed è petrolio di un tipo particolare, pesante, per cui sono attrezzate a lavorarlo alcune raffinerie: sostituirlo non sarebbe facile, e soprattutto sarebbe più costoso e relativamente elaborato industrialmente».
Terzi non ha nessun dubbio sulla necessità di fermare il programma nucleare segreto iraniano. Solo che deve valutare anche gli altri interessi italiani: per cui «siamo insieme agli Usa, alla Ue, ma vogliamo capire cosa sia meglio fare, e discuterlo insieme». Oggi a Bruxelles l’Italia quindi accetterà di discutere di embargo, ma soprattutto di sanzioni finanziarie ed economiche. Se l’Eni da tempo è in fase di sganciamento dall’Iran e importa petrolio iraniano come pagamento per investimenti degli anni passati, ci sono compagnie come Api, Erg, Shell Italia che acquistano petrolio per raffinarlo. «Il problema della diversificazione è trovare fonti alternative approvvigionamento», dice uno dei collaboratori di Terzi: «Potremmo rivolgerci ad Arabia Saudita e Russia»; dall’Arabia importiamo già oggi oltre cinque milioni tonnellate l’anno, ma con la Russia al momento non c’è disponibilità e altre fonti di approvvigionamento sono tutte più costose.
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