In 3.300 dalle celle ai domiciliari

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ROMA — Venerdì, a 48 ore dalla visita del Papa Benedetto XVI a Rebibbia che domenica mattina celebrerà  la messa davanti ai detenuti, arriva in consiglio dei ministri il pacchetto carceri del ministro della Giustizia Paola Severino. Il Guardasigilli sta mettendo a punto un testo a due velocità  (un decreto e un ddl) per alleggerire la pressione sui 206 istituti italiani stracolmi (68.047 presenze) oltre ogni capienza regolamentare: «La situazione è esplosiva — hanno scritto al ministro i direttori delle carceri — e se deflagrasse le conseguenze sarebbero devastanti e capaci di minare la credibilità  dello Stato».
Nel pacchetto Severino — contenente anche un intervento sul processo civile e sulla conciliazione obbligatoria — il decreto legge punta alle pene alternative, amplificando gli effetti del decreto «svuota carceri» varato nel dicembre del 2010 dal ministro Angelino Alfano che in un anno ha consentito a circa 4.000 detenuti di scontare il residuo pena (massimo 12 mesi) ai domiciliari. Il governo Monti riprende quella formula (si passa a 18 mesi di residuo pena da scontare a casa), stimando che ora saranno 3.300 i detenuti destinati con effetto immediato ad uscire dal carcere per passare alla «detenzione domiciliare»: il risparmio teorico sarebbe di 380 mila euro al giorno. Il nuovo «svuota carceri» rimane un provvedimento a tempo che scade il 31 dicembre del 2013 anche se il Pd, con Donatella Ferranti, insiste perché vada a regime.
Se il decreto produrrà  effetti immediati — verrà  forse rafforzato anche l’obbligo, non sempre rispettato dalle forze dell’ordine, di trattenere gli arrestati in camera di sicurezza fino al processo per direttissima — bisognerà  aspettare tempi più lunghi per valutare l’impatto del disegno di legge che modificherà  il codice penale. In particolare, i tecnici di via Arenula si stanno concentrando sulla detenzione domiciliare intesa come pena principale (al pari della reclusione e dell’ammenda) che il giudice potrà  infliggere. In altre parole, il condannato in via definitiva alla detenzione domiciliare non passerà  un solo giorno in carcere.
Il ministro — che lunedì ha visitato il carcere di Buoncammino dove ieri si è suicidato un detenuto algerino di 25 anni (è il secondo caso in pochi giorni a Cagliari) — è rimasta molto colpita anche dalla mini rivolta del carcere di Monteacuto (Ancona) che ha fatto accelerare i tempi. Tanto da anticipare il varo del decreto al Consiglio dei ministri di venerdì togliendo dal pacchetto, però, il «braccialetto elettronico» per il controllo a distanza dei detenuti che (11 milioni all’anno per 450 dispositivi disponibili) non convince il ministro: in realtà  sono funzionanti solo 9 bracciali, 7 dei quali utilizzati dagli uffici giudiziari di Campobasso, i cui responsabili, il procuratore Armando D’Alterio e il presidente del tribunale Enzo Di Giacomo, oggi saranno ricevuti al ministero. Il problema, per il governo, è sempre quello di contemperare il rispetto della legalità  in carcere e il diritto alla sicurezza riconosciuto a ogni cittadino. Lo «svuota carceri» del 2010, osservano in via Arenula, non ha prodotto evasioni e recidive perché i beneficiari sono stati selezionati secondo criteri rigidi: rimangono fissi, dunque, i paletti fissati che escludono i reati gravi e di particolare allarme sociale dalla lista. Il ministro vuole agire con prudenza e lo ha ribadito anche nel recente incontro con l’Associazione nazionale magistrati. Ma domani, in sede di approvazione della manovra alla Camera, la radicale Rita Bernardini presenterà  un ordine del giorno in cui si impegna il governo «a prevedere scadenze certe entro le quali dimezzare i procedimenti penali pendenti» e a varare «un ampio provvedimento di amnistia e di indulto».
Dino Martirano


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