Il tallone d’Achille di Angela

by Editore | 18 Dicembre 2011 9:59

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Tuttavia i dissidenti “euronordisti”, che non muoverebbero un dito per soccorrere gli stati del sud, raccolgono più del 40% dei consensi. Dimostrano così di poter condizionare la politica del governo. La Fdp, ridotta al 3% nei sondaggi, è il tallone di Achille del governo. Nessuno può garantire che tenga fino alla scadenza della legislatura nel 2013.
Gli “euronordisti”, raccolti attorno al deputato liberale Frank Schà¤ffler, pensano che la cancelliera abbia sbagliato a impegnare soldi dei contribuenti per i crediti alla Grecia e per il fondo salvastati Efsf, e che sbagli a stanziarne altri per il meccanismo di stabilità  permanente Esm. La loro ricetta è drastica: lasciare che Grecia, Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda falliscano, come giusta punizione per i loro peccati di finanza facile; togliergli di mano l’euro perché resti la solida moneta delle virtuose economie del nord.
Gli iscritti alla Fdp potevano optare per un documento del gruppo Schà¤ffler o per un testo della direzione del partito, a difesa delle decisioni prese dal governo. Il primo documento ha raccolto il 44,2% dei consensi. Quello della direzione il 54,4. «La Fdp rimane un partito pro-europeo», ha commentato Philipp Rà¶sler, ministro dell’economia e vicecancelliere, da maggio alla guida della Fdp.
Eppure non c’è da star tranquilli. La discussione nella Fdp sull’Europa è a livello d’osteria. La gamma di opzioni va dal consiglio rivolto da Schà¤ffler ai greci – «Che vendano le loro isole» – a un’interpretazione rigorista della cura di “stabilità ” imposta da Merkel, tutta pene e sanzioni per gli spreconi: «Le nostre condizioni per ulteriori aiuti – scrive la direzione della Fdp – sono obblighi severi per i paesi interessati». Siamo ben lontani dalla cultura europeista di un liberale della vecchia scuola come Hans-Dietrich Genscher, ministro degli esteri dal 1974 al 1992, presidente onorario del partito.
Rà¶sler, orfano vietnamita adottato da una famiglia tedesca, è persona gentile e simpatica, ma finora non ha saputo far risalire la Fdp nei sondaggi.
Qualche speranza veniva riposta nel 32enne Christian Lindner, segretario generale del partito fino al 14 dicembre, quando si è dimesso senza spiegare il perché, ma certo anche per contrasti sulla gestione del referendum. Lindner parlava con eloquenza di liberalismo politico, e non solo economico. Aveva letto Ralf Dahrendorf, e lo citava. Stava lavorando a una riscrittura del programma. Se n’è andato due giorni prima della conclusione del referendum, forse perché non voleva essere coinvolto in un crollo del gruppo dirigente, che teme imminente. 
Lo ha subito rimpiazzato Patrick Dà¶ring, un “economicista” di destra, che ha cercato di ridimensionare il seguito degli euroscettici, precisando che si tratta solo del 13,4% degli iscritti. Ma, se due terzi non si pronunciano, o perché disaffezionati o indifferenti, i dissidenti pesano ben di più – oltre il 40% – tra i membri attivi. E se lo stesso referendum si tenesse tra gli iscritti alla Cdu e alla Csu, troverebbe anche lì sostenitori.

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