Il sospetto del conflitto di interessi tutti i dubbi che pesano sul governo
ROMA – C’è un “incubo” conflitto d’interessi che aleggia sul governo Monti. Riguarda ministri e sottosegretari, freschi di nomina, ma i cui nomi e cognomi ormai si rimpallano sui siti e nelle rassegne stampa più per le contraddittorie anomalie tra la loro vita passata e quella attuale da freschi componenti del governo, che per quanto hanno potuto già fare dal giuramento in avanti. Una situazione imbarazzante, e in più di un caso non risolvibile, che oscura la caratura tecnica e anzi fa esplodere la contraddizione tra chi, fino al giorno prima, era al vertice di una banca, e quello dopo detta legge sulla politica economica del governo.
Questa “black list”, per usare un’espressione un po’ forte, non può che partire da Corrado Passera, il nuovo ministro per lo Sviluppo economico, ma anche per le Infrastrutture e i Trasporti. Lui, fino a ieri amministratore delegato di Intesa San Paolo, arriva al vertice di un dicastero strategico in cui la sua vita, la sua attività precedente, i suoi rapporti non potranno essere cancellati d’un colpo. E ovviamente pesano e spingeranno tutti a monitorare le sue scelte col microscopio. Non basta. Stesso ministero, due dei quattro sottosegretari, Mario Ciaccia e Guido Improta, entrambi con delega alle Infrastrutture e Trasporti, con lo stesso problema. Ciaccia, un passato alla Corte dei conti e alla presidenza del Consiglio, è stato l’amministratore delegato della Biis, la Banca per l’innovazione, le infrastrutture e lo sviluppo, controllata da Intesa, che si occupa di intermediazione tra aziende private e denaro pubblico. Dunque Ciaccia continuerà a fare esattamente, ma dal fronte governativo, quello che faceva prima. Idem per Improta, sponsorizzato da Francesco Rutelli, di cui è stato capo di gabinetto ai Beni culturali, che ha svolto il delicato incarico di responsabile delle relazioni istituzionali di Alitalia, compagnia di cui Intesa è azionista. Improta, tra le sue deleghe ministeriali, avrà anche quella all’aviazione civile e si troverà a poter favorire il gruppo per cui lavorava prima.
Situazione anomala pure per Carlo Malinconico, sottosegretario alla presidenza con delega all’editoria, cui l’imprenditore Anemone regalò un soggiorno all’Argentario, ex presidente della Fieg, consigliere d’amministrazione dell’Ansa, presidente dell’Audipress, ha una sua società , la Malinconico e associati, per le consulenze aziendali. Tutto in conflitto, quindi.
E in più di un caso il conflitto si sposa con un’ulteriore anomalia. La più appariscente è quella di Filippo Milone, da Paternò, sottosegretario alla Difesa, già capo della segreteria e uomo ombra di Ignazio La Russa nello stesso ministero, una condanna per concorso in abuso di ufficio a un anno e sette mesi, seguita però da riabilitazione, citato nelle intercettazioni del manager di Finmeccanica Lorenzo Borgogni perché chiedeva soldi per la festa del Pdl a Milano. Non basta. Era nell’Ansaldo, una controllata da Finmeccanica, fornitrice della Difesa.
È in imbarazzo Michel Martone, nominato al Welfare, 37 anni, figlio di Antonio Martone, magistrato coinvolto nel caso P3, tuttora presidente della Civit, la commissione per la trasparenza nella pubblica amministrazione. Padre e figlio finiti nel mirino delle denunce del senatore Pietro Ichino. Lo stesso Ichino che ha sanzionato il doppio stipendio di Filippo Patroni Griffi, ex capo di gabinetto di Brunetta, uno che ha lavorato con Frattini, Bassanini e Amato e che Sabino Cassese scelse come capo dell’ufficio legislativo allo stesso ministero. Lui, ex presidente di sezione del Consiglio di Stato, dipende dal ministero che dovrebbe riformare. Per giunta il decreto milleproroghe del 29 novembre 2010 consente «ai membri della Civit che sono anche dipendenti pubblici di restare in ruolo e svolgere contemporaneamente le due funzioni». Una norma dipinta su di lui che è componente della Civit.
Un conflitto anche per un procuratore della Repubblica che diventa sottosegretario all’Interno. Che potrebbe lasciare indagini fresche che riguardano personaggi del governo. È Giovanni Ferrara, che da piazzale Clodio s’insedia al Viminale. E lascia il posto a uno dei suoi vice, quel Giancarlo Capaldo sotto inchiesta al Csm per una cena con Tremonti e Milanese.
A tre giorni dal giuramento a palazzo Chigi resta pure un interrogativo sul Franco, o Francesco, Braga destinato a diventare il nuovo sottosegretario all’Agricoltura. Hanno nominato quello sbagliato, il Franco Braga indicato dall’ex ministro Altero Matteoli per le Infrastrutture, mentre il sottosegretario giusto, Francesco, è rimasto inutilmente in attesa in Canada. Il Braga scelto, se dovesse finire alle Infrastrutture, sarebbe in conflitto con se stesso per aver fatto parte di numerosi consigli di amministrazione. Ma forse, alla fine, resterà all’Agricoltura.
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