by Editore | 24 Dicembre 2011 9:36
La manovra economica approvata, l’ennesima nel corso di questo travagliato anno, ha tratti forti di iniquità , pesa soprattutto sul reddito da lavoro dipendente e su chi ha di meno ed è troppo timida verso gli alti redditi. Una manovra con un segno di profonda ingiustizia sociale determinato da scelte che, ancora una volta, ricadono sui soliti noti. Il presidente del Consiglio ha attribuito alla pesante correzione di bilancio il nome di «salva Italia». Noi abbiamo sostenuto e continuiamo a sostenere che non si salva l’Italia se si impoverisce la gran parte della sua popolazione. Possiamo dire che il criterio, così come enunciato dallo stesso Monti nel suo primo discorso alle Camere, ovvero «rigore equità crescita», ha un anello mancante: l’equità , mentre per la crescita siamo ancora in attesa.
Di certo non dimentichiamo che se ci troviamo qui, in questa situazione difficile, il carico maggiore di responsabilità è da imputare alle politiche del governo precedente, con il suo aver negato la crisi, praticato la divisione nel Paese, fatto crescere le diseguaglianze, svilito il lavoro pubblico, alimentato il populismo. Abbiamo salutato positivamente l’uscita di scena dell’ex governo. Abbiamo compreso la credibilità nazionale ed europea del nuovo governo, ma ciò non deve impedire il giudizio sulle scelte fatte e di criticare le continuità con le passate manovre. In particolare, pur apprezzando il risultato sulla deindicizzazione delle pensioni, sottolineiamo l’iniquità della cosiddetta «riforma delle pensioni». Una decisione sbagliata che penalizza i lavoratori con 40 anni di contributi e scollega la previdenza dal lavoro. Inoltre, in una stagione già così difficile per il lavoro, sottrae possibilità ai giovani, taglia risorse al sistema invece di trasferirle sulle pensioni dei giovani. Così come per la tassazione sulla casa, modifiche ne abbiamo ottenute, ma la misura chiedeva una progressività , perché non possiamo mettere sullo stesso piano chi ha ricevuto dai nonni una casa in eredità e chi magari ne possiede venti.
Per questo la mobilitazione unitaria per cambiare il segno di queste scelte continuerà . La fase due annunciata da Monti dovrà mettere in agenda la correzione dei punti più ingiusti della manovra e guardare alla crescita, ai giovani ed al lavoro. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, l’articolo 18 deve considerarsi capitolo chiuso: si fa sempre più strada nel Paese l’idea che il tema non sia la flessibilità in uscita ma la riduzione drastica delle troppe forme contrattuali atipiche e una riforma degli ammortizzatori sociali per la continuità del reddito. Apriremo, inoltre, una vertenza fiscale che parta dall’introduzione di un’imposta patrimoniale sulle grandi ricchezze per recuperare risorse da destinare non solo alla crescita ma anche ad un urgente riequilibrio: c’è un sovraccarico insopportabile di tassazione sul lavoro dipendente che deve essere urgentemente risolto.
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