by Sergio Segio | 9 Dicembre 2011 8:56
BERLINO. Tanti nemici, tanto onore? Un coro di critiche e dissonanze accompagna Angela Merkel al vertice di Bruxelles. I giornali francesi e inglesi traboccano di titoli antiteutonici. I fischi vengono anche da connazionali: «Cercare di ottenere a forza un risultato con le minacce, non è un metodo per l’Europa del 21esimo secolo. È il congresso di Vienna», sbotta il capogruppo socialdemocratico al parlamento europeo, Martin Schultz. La cancelliera ha in valigia un programma massimalista. Modifica dei trattati per iscrivervi la sua «cultura della stabilità », con norme bloccadeficit nelle costituzioni degli stati membri, sanzioni per chi non rispetta i parametri di bilancio, e corte di giustizia europea a fare da guardiana. Sordità verso le richieste di maggiore sostegno comunitario sui debiti sovrani, non importa se in forma di eurobond, di garanzie della banca centrale europea, di licenza bancaria per il fondo salvastati.
La riforma dei trattati a 27 non passerà come se l’immagina Merkel. Gran Bretagna, Repubblica ceca, Svezia, non ne vogliono sapere. Resta forse la possibilità di procedere a 17, come eurogruppo: può darsi che sabato i capi di governo non tornino a casa, ma proseguano in questo formato. Esito incerto.
Se alla fine converrà rassegnarsi a compromessi, perché questa esibizione di inflessibilità ? Berlino dovrà comunque abbassare la cresta, perché alle agenzie di rating poco o nulla importa delle architetture giuridiche dell’Unione: per loro conta la minaccia di recessione in Europa a breve. Per spiegare il massimalismo merkeliano, la stampa anglosassone suppone che la cancelliera persegua l’obiettivo di far saltare l’euro, per ripiegare su una valuta riservata all’Europa centrosettentrionale, un qualche «nordio».
A giudicare da Berlino questo presunto «piano» è una fantasia di chi ha sempre temuto l’euro come alternativa al dollaro, e vorrebbe toglierselo dai piedi. Il capitale tedesco, che esporta volentieri nell’Europa del sud, all’euro ci tiene, e come.
Scartata l’ipotesi nordio, forse siamo in presenza di un teatro politico – una simulazione di intransigenza – a uso del pubblico conservatore tedesco, che fischia con piglio «leghista» se vede aprire i cordoni della borsa a vantaggio degli spreconi del sud.
In questo scenario Merkel agisce da capopartito. È prigioniera dei suoi peones tanto quanto il premier britannico David Cameron, che alla Camera dei comuni annuisce al deputato che lo aizza a andare a Bruxelles «con animo da bulldog». Alla cancelleria tengono d’occhio preoccupati il flusso di voti per corrispondenza nel referendum indetto tra gli iscritti alla Fdp, l’alleato di governo liberale, sul meccanismo di stabilità europea Esm.
E da capopartito Merkel ha trovato il tempo, prima di proseguire per Bruxelles, per farsi applaudire a Marsiglia al congresso del partito popolare europeo, accanto al suo adlatus Sarkozy, già preso dalle presidenziali dell’anno prossimo. La Francia ha idee opposte alla Germania su ruolo della Bce e eurobonds. Ma Sarkozy, invece di rischiare uno scontro, pensa che gli convenga elettoralmente accreditarsi come socio in un tandem di «guidatori».
Quanto alla Germania, sebbene i quotidiani scrivano che la crisi sta entrando in casa – è di ieri la notizia che sei banche tedesche, compresa la maggiore Deutsche Bank, non superano il test dell’Eba, l’agenzia di ispezione europea, e dovranno ricapitalizzarsi per 13,1 miliardi di euro – qui si vive ancora in un periodo di vacche grasse. Il 2011 si chiuderà con un aumento del Pil intorno al 3 per cento. A novembre il numero dei disoccupati è sceso a 2,71 milioni, il valore più basso segnalato dal 1991 per questo mese dell’anno. La quota di disoccupazione è diminuita al 6,4% (al 5,5% secondo i criteri Eurostat). Rispetto a un anno fa, ci sono 700.000 nuovi posti di lavoro non-precari.
Le organizzazioni del commercio segnalano un buon andamento delle vendite natalizie. Merkel non vuole guastare la festa. Se, nelle prime settimane del 2012, l’economia rallenterà in Germania, la cancelliera cambierà musica: solo allora, se non sarà troppo tardi, potrà convincere i suoi elettori della convenienza di soccorrere i Piigs, non solo con l’invio di bibbie frenadebito.
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