by Editore | 17 Dicembre 2011 7:40
«Qui di stabile c’è solo l’incompetenza del governo e le menzogne della Tepco…altro che “messa in sicurezza della centrale”». Katsunobu Sakurai, sindaco di Minamisoma, una delle città più colpite dalla micidiale «tripletta» dello scorso marzo (terremoto, tsunami, incidente nucleare) è su tutto le furie. Ha appena assistito in diretta tv allo «storico» annuncio del premier Yoshihiko Noda e, raggiunto al telefono, si sfoga. «So benissimo perché la Tepco racconta la favola della messa in sicurezza, del fermo a secco. A suo tempo ha preso impegni precisi con il governo e le banche ed in qualche modo, almeno a parole, deve mantenerli. Ma non capisco – continua il coraggioso sindaco, protagonista dell’appello via internet, lo scorso marzo – perché il governo si presti ancora una volta a coprire le loro menzogne. Prima negavano il meltdown, adesso anticipano lo shutdown!».
Già . Il governo. Che ci guadagna a mentire, dopo quello che è successo? Impossibile, mentre ascoltiamo il premier Noda leggere un comunicato evidentemente concordato fin nel minimo dettaglio con i dirigenti della Tepco, non tornare con la mente a quando, per lunghi mesi in questa stessa sala, l’ex premier Naoto Kan ed il suo portavoce Edano – oggi ministro dell’industria – sostenevano che tutto era sotto controllo e che non c’era stato, né ci sarebbe mai stato, alcun meltdown. E se, come molti sostengono, non si trattava di malafede, ma di scarsa informazione, è difficile immaginare che la Tepco, ora come allora unica fonte di «informazione» sia diventata all’improvviso affidabile e credibile. E non si capisce come l’attuale premier Noda, già autodefinitosi «un’anguilla che ama nascondersi sotto il fango» dovrebbe essere capace di mettere il sale sulla coda dei dirigenti Tepco, preoccupati – più che di «salvare» la centrale – di come far fronte alle gigantesche richieste di indennizzo e di evitare le conseguenze di una inchiesta giudiziaria che prima o poi dovrà pur cercare di chiarire le vere responsabilità dell’incidente, anziché continuare a far credere che sia stata tutta e completamente colpa dello tsunami.
Che Noda sia in imbarazzo, e che non veda l’ora di tagliar corto è evidente fin dall’inizio. Alla conferenza, bontà loro, sono stati invitati anche i giornalisti stranieri. Ma niente domande, non c’è tempo. Dopo tre domande della stampa indigena, tutti a casa. Si fa per dire, perché la città è in fermento per una serie di manifestazioni autoconvocate e autogestite, qua e là . La prima la incontriamo a poche centinaia di metri dal «Palazzo», davanti alla sede della Tepco: sono le «mamme di Fukushima». Hanno portato buste di latte che offrono ai passanti e al ministro Hosono, responsabile dell’emergenza nucleare: «Prego ministro se lo beva, non siete voi che dite che è tutto a posto, che il cibo prodotto a Fukushima è consumabile?!». Il ministro sorride, beve un sorso da un bicchiere di carta: «Venite dentro, parliamone». Ma siamo a casa Tepco, e comandano i «tecnici». E Hosono, dope aver illuso le mamme, le abbandona ai funzionari Tecpo che le scortano «gentilmente» all’uscita.
«Anziche ricorrere ad annunci trionfanti privati di ogni fondamento, basti pensare alla tonnellate di acqua radioattiva che continuano ad essere immesse in mare, il governo dovrebbe pensare a proteggere i propri cittadini, curando i malati e cercando prevenire ulteriori contaminazioni – ha dichiarato in serata Greenpeace Japan – anche attraverso il blocco imediato di tutti i reattori ancora in funzione. Ma Noda ha altro a cui pensare. Con il Parlamento in vacanza, sta per partire per una lunga visita in Asia, prima a Pechino, poi in India, per mantenere un minimo di presenza politica che negli ultimi tempi sembra aver ulteriormente allontanato il Giappone dal resto del continente. Tanto, a casa, tutto va a gonfie vele. O almeno così racconta la Tepco.
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