Il paradiso perduto di Bambi “Troppi, la metà verrà abbattuta”
È bellissima, la cerva che appare nel bosco. Per qualche minuto guarda gli umani scesi dalla Land Rover poi tranquilla si rimette a mangiare un piccolo abete rosso. «È una pianta durissima, questo abete. Se lo tocchi ti pungi. Ma ormai nel bosco ai cervi non è rimasto nient’altro. Questo è il loro paradiso, anzi lo era», dice Michele Bottazzo, laurea in Scienze forestali, responsabile della ricerca faunistica per Veneto Foreste, l’azienda della Regione che gestisce questa area demaniale. «Purtroppo i cervi sono troppi e molti dovranno essere abbattuti».
Cerca le parole giuste, il tecnico degli animali e delle foreste. Sa che quando si parla di cervi il pensiero va a Bambi, ai cacciatori cattivi che bruciano il bosco e sparano… «Quando mi sono laureato, 25 anni fa, mai avrei pensato che la fauna potesse diventare un problema. Erano bellissimi, i nostri boschi dove cervi e caprioli vivevano assieme e accanto a loro c’erano i galli cedroni e i francolini di monte nascosti fra i cespugli di ginepro e di lamponi… Adesso sono rimasti solo i cervi e sono troppi. Se stiamo a guardare, in pochi anni questi animali distruggeranno tutto il bosco, si ammaleranno e moriranno di fame. Per questo dobbiamo fare gli abbattimenti. E i numeri, purtroppo, sono molto pesanti».
È tutto scritto in un programma di 60 pagine, chiamato “Piano di controllo del cervo nel comprensorio del Cansiglio, 2011- 2013». È già stato approvato dalla Regione Veneto e ha ricevuto il parere positivo dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale. Si calcola che nel Cansiglio siano presenti 3.000-3.200 cervi e si scrive che almeno 400 all’anno dovranno essere uccisi. Nei tre anni gli abbattimenti dovranno raggiungere la cifra compresa fra i 1.200 e i 1.400 capi. «Dovremo dimezzare la popolazione, che negli ultimi 6-7 anni è raddoppiata. I cervi, senza nessun intervento, aumentano ogni anno del 30-35%. Qui da noi solo del 15%, perché quando in inverno escono dalla zona protetta circa il 20% vengono uccisi dai cacciatori delle riserve alpine. Per rispettare il piano dovremo dare a questi cacciatori la possibilità di prelevare altri 400 o più cervi all’anno, e dovremo anche intervenire nell’area protetta, con 40 prelievi all’anno. Qui da noi interverranno i forestali in divisa. Quest’ultima operazione è anche una forma di dissuasione. I cervi sono animali intelligentissimi. Se sentono gli spari, se vedono i loro simili uccisi, capiranno che il Cansiglio non è più un’area sicura e cercheranno di fuggire in altri boschi».
Non è stato facile preparare il piano, perché la foresta del Cansiglio è divisa fra tre province (Belluno, Treviso e Pordenone) e due Regioni, il Veneto e il Friuli. «Siamo costretti a intervenire – racconta Michele Bottazzo – anche perché i cervi entrano nelle aziende che hanno i terreni in concessione e tolgono il foraggio destinato alle mucche. Solo l’anno scorso abbiamo dovuto rimborsare più di 50.000 euro per danni». Fabio Sperti, operatore forestale di Veneto Agricoltura, è la guida nel breve viaggio nel “disastro” combinato dai tremila cervi. «Ecco, guardi questo abete. Fino all’altezza di due metri è scorticato e presto morirà . Le madri con le zampe abbassano i rami più alti per farli mangiare ai piccoli. Guardi questo che era un bosco. Sono spariti tutti i piccoli alberi in “rinnovazione”, cioè in crescita. Non c’è più l’abete bianco, più dolce di quello rosso, non c’è traccia di frassini, faggi, sorbo. Il sottobosco è scomparso e qui c’era pieno di lamponi, fragole, ginepro. Piante che con i loro frutti davano da mangiare al gallo cedrone e al francolino di monte. Dieci anni fa i caprioli erano la metà dei cervi. Adesso sono scomparsi tutti, perché i cervi – i maschi arrivano a 180-200 chili – sono più forti e hanno preso tutto il cibo».
Si è provata anche la “dissuasione”, nei boschi del Cansiglio. «Abbiamo chiamato i Forestali – dice Michele Bottazzo – che hanno sparato dardi a salve che però scoppiano a contatto con gli animali e li spaventano. Non è servito a nulla. Abbiamo provato a recintare pezzi di bosco e di prati ma i cervi, spinti dalla fame, riescono ad abbattere pali e filo spinato. Le aziende agricole stanno impiantando recinzioni elettriche ma il risultato non sarà positivo: i cervi saranno costretti a rimanere nel bosco e lo devasteranno. E per muoversi passeranno per le strade, con gravi pericoli per tutti. Per mostrare la differenza fra il bosco con o senza cervo, abbiamo sbarrato piccoli pezzi di “rinnovazione”. Ecco, dentro i piccoli recinti gli abeti sono alti due metri, fuori non raggiungono il metro: sono e resteranno dei bonsai perché il cervo ne mangia le cime».
Certi particolari del «piano di controllo» fanno impressione. Dovranno essere abbattute soprattutto le femmine e i piccoli sotto i 12 mesi, così si ferma la crescita. Si comincerà a sparare nei prossimi giorni fuori dal Cansiglio e a primavera dentro la foresta protetta. «Qui c’era il paradiso. La presenza del cervo ha aiutato anche il turismo. Nella stagione dei bramiti e degli amori, a fine settembre e primi di ottobre, arrivano migliaia di appassionati e i giovani delle cooperative guide naturalistiche trovano lavoro. Si riempiono gli hotel, i rifugi e le osterie di tutto il comprensorio. Ma il paradiso adesso si è rotto. Se non dimezzeremo i cervi i boschi diventeranno un deserto. E il deserto non dà da mangiare a nessuno».
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