Il libro sacro degli induisti che fa litigare Delhi e Mosca

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BANGKOK. Se Mahatma Gandhi fosse ancora vivo, sarebbe il più sorpreso tra tutti. La sacra Bhagavad Gita, il libro che fu guida e ispirazione della sua vita dedicata alla non violenza, rischia di essere bandito in Russia come “letteratura estremista”.
La sentenza sarà  emessa, tranne rinvii, il 28 di questo mese da una Corte della remota città  siberiana di Tomsk, dove un gruppo integralista cristiano ha presentato una denuncia con migliaia di firme per chiedere il divieto su tutto il territorio russo della traduzione e distribuzione del testo principe dell’Induismo. La loro accusa riecheggia quelle degli stessi indù contro il Corano: «Esalta la guerra» e provoca «discordia sociale», hanno scritto i querelanti. Ma è la prima volta che viene portato a giudizio il testo fondamentale della grande epica del Mahabharata, un trattato sulla vita e la morte attribuito al potente dio Krishna. Conosciuta da un miliardo di indiani, la Gita viene perfino distribuita gratis nelle carceri e nelle scuole, oltre a essere recitata ormai in tutto il mondo, come ha fatto pochi giorni fa l’artista Philip Glass al Met del Lincon Centre di New York a beneficio degli “Occupy Wall Street”.
Per stabilire se davvero la Gita incita alla violenza, la Corte di Tomsk ha già  affidato perizie e valutazioni “tecniche” alla facoltà  di Studi orientali della locale università . «Gente incompetente»”, hanno tagliato corto gli studiosi indiani, «come possono giudicare la parola del nostro Dio?».
Anche le reazioni politiche e sociali in India all’annuncio del processo sono state immediate e al livello più alto, con un rinvio straordinario della seduta del Parlamento nazionale per chiedere al governo una protesta ufficiale contro la Russia. Lo stesso primo ministro di Delhi si è impegnato a intervenire per interrompere il processo e far annullare la data della sentenza, mentre il ministero degli Esteri inviava una nota di censura a Mosca. «Ma c’è poco che possiamo fare – hanno spiegato i portavoce indiani – perché a decidere non è il governo russo, bensì una Corte siberiana».
La controversia ruota attorno ai consigli che Krishna, emanazione infallibile dell’Olimpo vedico, elargisce al suo discepolo e provetto arciere Arjuna, figlio del re degli dèi e destinato a battersi per ripristinare il Regno del Bene contro gli infidi cugini che lo usurpano. Il dialogo, altamente filosofico e mistico, avviene sul campo di battaglia dove Arjuna l'”infallibile”, viene convinto da Krishna a non farsi irretire dal timore di dover uccidere gente del suo stesso sangue per portare a termine la sua missione di giustizia. Mentre lo guida sul carro in battaglia, il dio gli parla del coraggio, dei doveri di un guerriero, della natura umana e di quella degli dèi. «È la guerra come metafora della nostra lotta interiore per realizzarci», spiegano gli studiosi, che citano i nomi di parecchi occidentali celebri ispirati dal libro, da Einstein a Oppenheimer, da Carl Jung a Herman Hesse.
Ma per i membri della chiesa ortodossa che ha presentato la denuncia, le parole sono pietre e c’è un tono eccessivamente guerrafondaio nel testo tradotto e commentato dal leader della più grande fondazione dei devoti di Krishna, la Iskon. Non così la pensa Philip Glass, che al Met di New York ha recitato proprio quei brani della Gita dove Krishna spiega ad Arjuna il compito di un dio: «Quando la giustizia si estingue e le regole del male governano il Paese, noi veniamo a esistere, epoca dopo epoca, e prendiamo forma visibile, e ci muoviamo, un uomo tra gli uomini, per la tutela del bene, ricacciare indietro il male e rimettere la virtù al suo posto».
È il principio della “Guerra giusta”, la Dharma Yudda, una Jihad in versione Hindu conosciuta da un miliardo di indiani fin dall’infanzia sotto forma di fiaba. Per anni il Mahabharata è andato in onda in tv con centinaia di puntate che hanno tenuto il Paese incollato allo schermo. Per questo il processo siberiano non mancherà  di essere seguito attentamente sia dai milioni di indiani residenti in Russia che da quelli di casa. «Non sarà  tollerato nessun insulto a Krishna», ha tuonato il celebre politico Lalu Prasad Yadav, che porta il nome di famiglia del dio ed è stato per anni ministro del Congresso. Diversi gruppi ultraortodossi hanno annunciato cortei davanti alle sedi consolari e perfino un boicottaggio dell’import-export con Mosca.


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