by Sergio Segio | 22 Dicembre 2011 8:23
NAPOLI. Spente le luci sul set blindato della nuova Panda, nello stabilimento Fabbrica Italia di Pomigliano d’Arco, restano le promesse a reti unificate di Sergio Marchionne, e la realtà della fabbrica raccontata ieri dalla Fiom a Napoli. Alla vigilia del lancio dell’utilitaria, il Lingotto ha convocato a Torino i sindacati per chiedere la firma sotto il nuovo contratto, più che altro «un regolamento aziendale – spiega il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini – che rischiamo diventi il modello per ogni impresa a partire dagennaio». Un regolamento che tiene fuori i metalmeccanici della Cgil dalla rappresentanza sindacale: «Il 13 dicembre ci chiesero se eravamo disposti a firmare il contratto prima di avviare la trattativa, quando ci rifiutammo si alzarono per tornare con una lettera: appena arrivata dissero delle altre rappresentanze sindacali che chiedevano di proseguire senza la Fiom. Quando ci rifiutammo anche di andare via, chiamarono la sede della Confindustria per fissare una sala da un’altra parte». Ma come si fa a tenere fuori un sindacato dalla fabbrica? Non assumendone gli iscritti. Dei quasi 5mila operai, per ora sono tornati al lavoro meno di 900, nessuno ha la tessera Fiom. Antonio Di Luca è tra quelli che sta raccogliendo le testimonianze dei suoi colleghi sul nuovo modello di relazioni che vige in Fip, un libro bianco che si allargherà a tutti gli stabilimenti del Lingotto. Così, si legge, quando Francesco V. è stato chiamato a visitare le nuove linee ha chiesto lumi al direttore sulla selezione del personale: «Non perderemo tempo a esaminare gli iscritti Fiom» la risposta. A un addetto al montaggio è arrivato l’avvertimento del capo: «Mi sono prodigato per farti lavorare, ma il tuo nominativo non è stato accettato dalla direzione. Adesso capisci tu cosa devi fare». Poi c’è il capitolo infortuni.
All’ingresso dello stabilimento c’è un cartellone rassicurante che recita zero. Poi però si scopre che Alessandro Tenga il 26 settembre si è ferito al volto al punto da dover correre al pronto soccorso per ricevere punti di sutura, lì il taglio è diventato un incidente domestico. Dal montaggio invece spiegano che i bagni sono chiusi a chiave: «Le chiavi sono in possesso del team leader che le consegna solo dopo aver valutato, non so come, l’effettiva urgenza fisiologica».
Il rientro in azienda è subordinato anche alle richieste del mercato, la stima fatta di 280mila vetture l’anno è sempre più lontana. Ma non basta. Su incarico della Fiom Campania i ricercatori dell’università di Salerno Davide Bubbico e Francesco Pirone hanno svolto una indagine su Fabbrica Italia Pomigliano. «La maggior automazione di alcuni reparti, possibile grazie alla standardizzazione di un prodotto di fascia bassa, rende necessaria molto meno manodopera rispetto alle Alfa» spiegano. A questo di unisce una diversa organizzazione della linea che «provocherà ritmi produttivi più alti, con un aumento dello stress fisico. Cambia anche la struttura organizzativa, con 2 o 3 macrostrutture e dei team leader che controllano in modo più stretto i lavoratori». Dal 2008 al 2011 quasi 2mila operai sono stati espulsi, adesso ci sarà una nuova cura dimagrante. La Elasis, cioè il centro di sviluppo, è stato smembrato, solo la Sirio aumenta gli addetti, ambito di competenza la vigilanza. I fornitori, invece, rappresentano una ventina di aziende in Campania. Tra le maggiori la Fma di Pratola Serra che produce motori, che probabilmente arriveranno dalla Polonia, dove si continua a sfornare la vecchia Panda. Un quarto dei lavoratori è andato perso, altri seguiranno visto che le aziende campane hanno un solo committente: Fiat.
Dal Lingotto si propone il baratto diritti in cambio di un po’ di salario in più: 36 euro sulla busta paga e 90 di maggiorazioni, lordi, all’anno, che però implicano la rinuncia alle pause, con la mensa sottratta al computo del tempo lavoro. «Per la prima volta un’azienda decide di uscire dal contratto nazionale. I lavoratori hanno deciso di raccogliere le firme per chiedere un referendum abrogativo» spiega Landini. Accanto alle denunce alla magistratura, la resistenza passerà attraverso la costruzione di una casa Fiom fuori i cancelli di ogni stabilimento. Quattro ore di sciopero a gennaio e tante assemblee per lanciare la mobilitazione di Roma per l’11 febbraio.
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