Il governo prende tempo slitta la gara sulle frequenze tv Pd e Idv chiedono lo stop

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ROMA – L’imbarazzo si taglia a fette. Perché il governo, sul “regalo” a Rai e Mediaset delle nuove frequenze digitali tv, rischia di incappare in una grana. Che, se fossero rispettati i tempi previsti per l’assegnazione dai precedenti inquilini di palazzo Chigi, rischierebbe di esplodere nel pieno del confronto sulla manovra. Giusto tra una settimana. Da una parte il Pdl, ostinato nella difesa delle regole ideate dall’ex ministro per lo Sviluppo economico Paolo Romani a misura di Berlusconi e della sua azienda, dall’altra il Pd e il terzo Polo. Con un Di Pietro deciso a trasformare la battaglia sulle tv in uno scontro epocale.
E allora – è notizia di queste ore che trapela da fonti dell’esecutivo – l’unica via d’uscita che si profila è prendere tempo, soprassedere, rinviare il “concorso di bellezza” a un momento successivo, quanto basta per scavallare la coincidenza con la manovra e per capire se ci sono margini per cambiare le regole. La parola d’ordine è “sospendere l’asta” per consentire al ministro Passera di approfondire il dossier. Una finta asta sulle nuove frequenze che valgono, come ha calcolato Giovanni Valentini su Repubblica, ben 16 miliardi.
Quella che stava per passare come un’operazione riservata esplode sui banchi del governo. Salta il calendario previsto da Romani giusto per metà  mese. Una commissione di tre giuristi doveva esercitarsi sul “beauty contest” ideato dallo stesso Romani in primavera per assegnare gratis le nuove utenze digitali. Vince chi ha i titoli migliori, e non chi offre di più, come in ogni asta pubblica che si rispetti. Con la certezza che, su una decina di possibili aspiranti, a far la parte del leone sarebbero Rai e Mediaset. Sky si ribella e il 30 novembre ufficializza il ritiro. I giochi saltano. Lo scandalo di un’operazione del tutto gratuita, «mentre agli italiani aumenta anche la benzina», come dice Antonio Di Pietro, diventa insostenibile. Dopo Sky anche le tv private sono pronte a scatenare la guerra dei ricorsi. Il rinvio resta l’unica strada. Per evitare uno scontro nel governo, e per stabilire criteri di economicità  ed equa distribuzione. Come dice Luigi Zanda, vice presidente del senatori del Pd, «davanti alla gravità  della crisi e al peso dei sacrifici che gli italiani sono chiamati a sopportare, sarebbe francamente poco comprensibile rinunciare ai 4 miliardi ricavabili dall’asta».
Se Romani insiste che «anche se si facesse una gara nessuno parteciperebbe perché ha già  da sostenere le spese per i contenuti televisivi», il Pd è deciso a imporre come «inevitabile emendamento» quello sulle frequenze. Ne parlano a lungo i vertici, Bersani compreso, in una riunione alla Camera sulla manovra. Garantisce il capogruppo Dario Franceschini: «Sin dal mio intervento in aula di lunedì abbiamo detto che le risorse che servono per rendere più equa la manovra si possono facilmente trovare dalle frequenze televisive». Lo ripete Rosy Bindi. Lo caldeggia la capogruppo al Senato Anna Finocchiaro: «Se si facesse una vera asta si potrebbero recuperare soldi importanti per alleggerire i sacrifici chiesti agli italiani. Siamo di fronte a una emergenza grave che consente di ritoccare procedure già  avviate». È spiccio Vincenzo Vita, componente Pd della commissione di vigilanza della Rai: «È auspicabile che sia rifatta la procedura di gara in nome di un più alto interesse pubblico». Paolo Gentiloni, l’ex ministro: «Le frequenze sono un bene pubblico. Che non può essere regalato».
Questo è il punto. Ieri c’era Berlusconi, con le sue aziende e il suo ministro Romani. E non c’era una manovra economica “lacrime e sangue”. Di Pietro si ribella. E i suoi capigruppo di Camera e Senato Massimo Donadi e Felice Bellisario chiedono che «la procedura per l’assegnazione gratuita sia revocata». È possibile? Il governo sta verificando e per questo prende tempo. Il finiano Carmelo Briguglio vuole «che il governo predisponga un’asta regolare». Ma servono punti fermi, quei «dati obiettivi su cui ragionare», che chiede il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo.
È inutile far finta di non vedere il conflitto politico dentro il governo, quello che mette in ansia Pier Ferdinando Casini: «Cerchiamo di trovare le cose che ci uniscono, non quelle che ci dividono. Siamo come i marines, sminiamo il cammino di Monti». Il leader Udc teme che l’affaire delle frequente diventi “la” mina. Basta vedere la reazione di un pidiellino doc come Antonio Leone («Il governo non metta mano a questioni di natura e interesse politico, ma porti avanti il risanamento»). Ma lo scandalo delle frequenze gratis questo sono. Lo spiega bene il centrista Roberto Rao: «La soluzione di Romani favorisce solo il duopolio ed è stata fatta a misura di Mediaset, perché la Rai non ha bisogno di frequenze. L’asta per i telefonini ha dimostrato che si possono ricavare tre miliardi. La stima di ottenerne 16 con il digitale è sovradimensionata, parliamo al massimo di qualche unità . Tuttavia, poiché adesso non si può regalare niente, la battaglia va fatta fino in fondo».


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