by Editore | 20 Dicembre 2011 9:09
Ci aveva provato. Pensava di farla franca e di continuare come se nulla fosse. Un’assurda legge del 1953, infatti, gli permetteva di fare contemporaneamente il sindaco (di un capoluogo di regione) e il parlamentare. Era in buona compagnia, del resto. Insieme a lui altri sette primi cittadini, tra cui il sindaco di Brescia. Tutti di Pdl e Lega. E tutti al Nord. Tranne lui, Michele Traversa (Pdl), 70 anni, ex missino, già dirigente Cisnal, dal maggio scorso alla guida di Catanzaro dopo una vittoria straripante (65%) al primo turno.
A soli duecento giorni dall’insediamento, ha dovuto gettare la spugna: «Chiedo scusa alla città , ho fallito». Perché nel frattempo, dal 21 ottobre scorso, pendeva come una spada di Damocle la sentenza della Corte costituzionale che aveva decretato l’incompatibilità del doppio incarico. E Traversa ha, così, dovuto scegliere: «Lascio Palazzo de’ Nobili. Per lavorare politicamente a Roma, pensando a Catanzaro». Dopo aver incontrato assessori e capigruppo della maggioranza ha, dunque, rassegnato le dimissioni. Abbandonando la città , umiliata da una dissennata gestione della cosa pubblica. Una fuga impietosa, che lascia dietro di sé solo macerie e polemiche. Dal buco economico, che ha portato l’ente a sforare di ben 12 milioni il patto di stabilità , alla catastrofe delle società partecipate, molte delle quali in perdita e con lavoratori a rischio licenziamento. L’ultima patata bollente è arrivata qualche giorno fa. Una perizia sull’inagibilità delle scuole Mazzini e Maddalena ha scatenato le proteste di genitori e alunni e ha adombrato lo spettro dello sgombero e della demolizione degli istituti fuori norma. Andando a ritroso di qualche settimana spunta, poi, la relazione della Corte dei Conti che ha certificato «gravissime inadempienze e criticità » negli equilibri del bilancio. Con un problema in cemento armato, il Parco Romani, dove si è deciso di trasferire (senza alcun deliberato del Consiglio) la più grande azienda partecipata, la Catanzaro Servizi Spa. Con una sequela di contratti firmati, termini per i pagamenti scaduti, atti di precetto già notificati in Municipio, creditori alle porte a batter cassa. Insomma, il fallimento della Catanzaro Servizi dietro l’angolo.
Ma puzza di crack si respira anche nelle sedi delle altre partecipate. Come l’Amc, l’azienda dei trasporti, con autobus vetusti e a corto di personale. Come l’Ambiente & Servizi, la società che si occupa della raccolta differenziata, i cui mezzi rimarranno a breve senza gasolio a causa di fatture non saldate. Con la vicenda della discarica di Alli ancora bloccata, dopo esser finita nel vortice di un’inchiesta giudiziaria.
A un passo dal fallimento, Traversa, dunque, scappa. Torna a Roma per sedersi sul più comodo scranno parlamentare. «Ma quello del tradimento – attacca Giuseppe Valentino, segretario generale della Camera del Lavoro – è per Traversa uno stile, un modo di concepire la politica. Dopo aver votato in parlamento i tagli tremontiani ai comuni, contribuendo allo sfascio economico di Catanzaro, fugge dalle proprie responsabilità , tentando di rimanere immacolato».
Formalizzate le dimissioni, «il Comune di Catanzaro non sarà commissariato ma al sindaco dimissionario subentrerà il vicesindaco, Maria Grazia Caporale, che resterà in carica come facente funzioni fino alle elezioni» ha dichiarato il prefetto di Catanzaro, Antonio Reppucci. E, così, dopo Reggio Calabria, oberata da uno spaventoso debito di 400 milioni, anche il capoluogo vive la sua crisi sull’orlo del baratro. In primavera, nuove elezioni. Con una spesa aggiuntiva di 600mila euro. Il colmo per una città alle porte del default.
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