Il Cavaliere non cerca lo strappo Linea «soft» imposta ai ribelli pdl

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ROMA — Delle parole di Mario Monti ha voluto cogliere il meglio. E così, mentre i suoi reagivano infastiditi per la battuta del premier sull’ottimismo che non ha impedito a Berlusconi di fare «4 manovre» in un anno, il Cavaliere l’ha voluta considerare un complimento: «Lo ringrazio». 
In realtà , in privato, Berlusconi è apparso irritato per alcuni passaggi della conferenza stampa di Monti, non ha mancato di far notare come «io sono quello che non ha mai messo le mani in tasca agli italiani, lui è ricorso a un mare di tasse per fare la sua manovra, non c’è continuità  tra il mio governo e questo». Ma che l’ex premier abbia davvero intenzione di creare grane all’esecutivo ora, nonostante i toni ambivalenti usati nel suo messaggio, non ci crede nessuno. Lo vorrebbero in tanti, magari: i duri e puri che come Crosetto hanno sparato alzo zero contro Monti facendolo decisamente irritare, o che come la Santanchè gli rimproverano di aver parlato ore per non annunciare niente, gli ex An sempre agguerriti («Monti tranquillizza i tedeschi ma preoccupa gli italiani», ironizza Giorgia Meloni, Ignazio La Russa dà  «a stento la sufficienza» al Professore), i tanti che temono che «questa melassa che ci obbliga a sostenere Monti finisca per far saltare il partito».
Ma Berlusconi non sembra avviato a strappi clamorosi. Perché non può, ma anche perché non vuole. Al di là  della scelta di apparire in video in una sorta di contro-messaggio proprio nel giorno di Monti, oscurando ancora una volta quell’Angelino Alfano che pure dice di voler sostenere per «vincere alle prossime elezioni», l’ex premier non manda segnali di guerra. 
Consigliato dai fedelissimi — tra i quali proprio Michela Brambilla, animatrice dei promotori della Libertà  che appaiono quasi come un contraltare del partito dal quale l’ex premier sembra sempre più lontano —, Berlusconi resta sulla scena, anima i sostenitori, fa intravedere capacità  espansive del Pdl verso Udc e Lega per contrastare le sirene centriste che anche per voce di qualche ministro suonano alle orecchie dei luogotenenti come della base del centrodestra, esponendolo al rischio lacerazione. 
Ma la verità , dicono i suoi, è che «in questo momento il Cavaliere è molto concentrato sulle sue questioni personali: Publitalia ha chiuso in perdita per la prima volta, il processo Mills è alla stretta finale… È preoccupato, concentrato su questi eventi». Tutto ha voglia di fare ora, insomma, tranne che la rivoluzione.
Per questo, nonostante nel partito ci sia chi li considera alla stregua di un politburo che sta soffocando il Pdl con una linea di «sottomissione a Monti», a far fede su quello che è l’atteggiamento del partito sono i vertici rappresentati dai capigruppo, dal segretario, dallo stretto giro di ex ministri a lui vicini. Che hanno catechizzato i ribelli come Crosetto e Osvaldo Napoli, chiedendogli di usare toni più soft sul governo: «La direttiva generale — conferma Napoli — è di mandare giù Monti: vuol dire che prenderemo un digestivo…». E che attendono il premier alla prova dei fatti, perché per dirla con Fabrizio Cicchitto «sui titoli siamo d’accordo, ma sui contenuti è da vedere. E sia chiaro, ogni provvedimento deve essere preso sentendo i partiti prima, senza battute e battutine e polemiche nei nostri confronti, che non portano lontano, anche perché se parliamo di aiutini dati al nostro governo dalla Bce, Monti non deve dimenticarsi degli aiutini dati da Francoforte anche al suo…». Non se la prende con le battute Maurizio Gasparri ma auspica che il premier abbia, oltre che un po’ più di ottimismo, anche «una capacità  maggiore di leadership, che per trattare in Europa è dote essenziale».
Sì perché è proprio sulla richiesta di fare dell’Italia il Paese che respinge i diktat di Francia e Germania imponendo un cambio di passo senza il quale «i nostri sforzi diventano inutili» che si saldano le volontà  di Pdl da una parte e di Pd dall’altra. Per ora, come dicono tra i democratici, le parole di Monti «a noi vanno bene, stoccate a Berlusconi comprese» perché aprono al confronto con i sindacati, mantengono l’impegno sulle liberalizzazioni «che al Pdl fanno male» e sembrano escludere interventi sull’articolo 18, ma quando arriveranno le misure «anche per noi sarà  l’ora della verità ». E dunque, l’à ncora di salvezza non può che essere un nuovo patto da siglare in Europa: «Merkel e Sarkozy non affondino l’Europa e il mondo», dice Bersani, con Berlusconi che minaccia: «Hanno imposto soluzioni sbagliate, l’Italia non sarà  loro succube».


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