by Sergio Segio | 4 Dicembre 2011 8:40
Ma la nomina di questo sessantenne sindacalista della Cisl, ascoltato da Susanna Camusso come dalle imprese, è stata affondata dal fuoco amico. Al suo posto, Michel Martone, elegante giuslavorista legato agli ex ministri Sacconi e Brunetta.
Nel teatrino dei media, i 37 anni di Martone possono dare soddisfazione ai giovani in attesa nell’anticamera del potere. Ma agli indignados? Al dunque il viceministro verrà giudicato in base alla capacità di parlare alle persone, condividendone le ansie e aiutandole a ragionare grazie alla propria, personale credibilità . Dono raro e fragile.
Il Welfare, la spesa sociale, interessa la popolazione meno abbiente; i ricchi hanno altre soluzioni. La sua tenuta sostiene i consumi e quel che segue. Come organizzarlo tra pensioni, invalidità , salari minimi di sussistenza, maternità , indennità di disoccupazione, servizio sanitario nazionale, formazione permanente, è materia opinabile. Ma sul saldo non si bara. Almeno rispetto a tre punti: a) l’Italia ha una spesa sociale pari al 26% del Pil (Prodotto interno lordo), in linea con la media europea; b) il dato italiano è gonfiato per almeno l’1,5% dal Tfr che, pur essendo retribuzione differita, viene contato nella previdenza da Eurostat; c) il modello danese della flexsecurity, prediletto dai riformisti, parte da una spesa sociale del 28%. Ebbene, fatte le riforme, l’Italia avrà una spesa sociale complessiva più vicina a quella, bassa, dell’arretrato Est Europa o a quella, alta, dell’Occidente avanzato? Da accademici come Fornero e Martone si attendono numeri, accanto alle parole.
Idem dicasi per il mercato del lavoro. Va bene tutto, ma alla fine, a produttività costante, ne verrà di più o di meno ai dipendenti? E i guadagni di produttività come saranno divisi tra il lavoro, rimasto fin qui a bocca asciutta, e il capitale, che negli anni buoni si è preso quasi tutto, come rileva quel noto covo di comunisti che è Mediobanca nell’analisi sulle principali società italiane?
Martone potrà farsi ascoltare da giovani e anziani se corroborerà il riformismo con cifre non manipolate. E siccome ha talento, gli si deve far credito. Certo, è dura tirar la cinghia quando, in conturbante consonanza — e con il plauso degli amministratori indipendenti, i financial gigolò per dirla con Guido Rossi — mano pubblica e mano privata pagano ancora milioni in bonus e liquidazioni ai Guarguaglini, ai Geronzi e ai Profumo in nome dei diritti acquisiti, senza alcuna relazione con le quotazioni e i bilanci. Anche nella finanza, del resto, i rialzi hanno molti padri e i ribassi sono orfani. In queste fasi, la memoria storica può aiutare: accanto ai martiri D’Antona e Biagi, i due professori possono ricordare Giacomo Brodolini e Carlo Donat-Cattin due uomini, direbbe Sciascia, in mezzo a ominicchi e quaquaraquà . Per santificare Marchionne c’è tempo.
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