I paletti dei partiti Bersani: da noi idee non si rimanga sordi

by Sergio Segio | 2 Dicembre 2011 7:39

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ROMA — Per ora è solo una richiesta di ascolto: «Non si tratta di porre condizioni ma di dire le nostre idee. Noi le abbiamo, le abbiamo presentate e ci aspettiamo che non si rimanga sordi e disattenti». Però è bastata questa frase di Pier Luigi Bersani, pronunciata in un’intervista a Youdem, per far emergere apertamente i timori del centrosinistra sulla portata effettiva delle misure allo studio del governo, a cominciare dalle pensioni. E per suscitare due reazioni di segno opposto: il plauso di Nichi Vendola, che si spinge a ipotizzare un asse con Pd e Cgil per «dare alla povera gente un ombrello per ripararsi»; e lo stop di Pier Ferdinando Casini, contrario a «mettere veti e controveti a Monti o disseminargli la strada di ostacoli».
Che ci siano due linee diverse nel Partito democratico, sulle questioni economiche e in particolare sul mercato del lavoro, è noto. Ed è risultato ancora più evidente dallo scontro dei giorni scorsi tra il responsabile Economia della segreteria Stefano Fassina e quella parte del partito più vicina a Pietro Ichino. Ma il vero dissidio riguarda la necessità , da un lato, di rispettare gli inviti alla responsabilità  del capo dello Stato e di sostenere le scelte dell’esecutivo, dall’altro di mantenere il contatto con una base elettorale spaventata dalle misure in arrivo. Per questo, Bersani invita alla cautela, ma evita polemiche: «I particolari li vedremo quando conosceremo precisamente le intenzioni del governo, perché finora si è discusso di supposizioni». Non saranno condizioni vere e proprie, ma qualche paletto Bersani lo mette. Perché spiega che «le misure che il governo varerà  lunedì per la stabilizzazione dei conti pubblici dovranno essere caratterizzate da equità  ed essere il meno possibile recessive»: «Chi ha di più — sintetizza — deve dare di più».
Dunque, non solo pensioni, ma anche patrimoniale e lotta all’evasione fiscale. Per quanto riguarda il primo punto, le ricette sono diverse. Per Cesare Damiano, «in questi anni le pensioni hanno già  pagato tanto e in ogni caso le pensioni di anzianità  non si devono toccare. Chi è stato al lavoro per 40 anni ha diritto di andare in pensione senza attendere ancora». Damiano ha presentato una proposta di legge con Tiziano Treu e Pierpaolo Baretta che propone di alzare l’età  pensionabile ricorrendo a strumenti «di flessibilità  e di facoltatività ». Non esattamente la ricetta di Pietro Ichino, che invita a superare «il tabù» dei 40 anni di contribuzione per andare in pensione.
Sul fronte del centrodestra, Fabrizio Cicchitto rinnova il no del Pdl al ripristino dell’Ici sulla prima casa: «Occorre una manovra incisiva ed equa. Segnaliamo l’iniquità  dell’Ici sulla prima casa». E il vicepresidente dei deputati pdl Osvaldo Napoli avverte: «Il governo mantenga l’equilibrio oppure rischia».
Intanto è ancora un giallo l’incontro con Umberto Bossi, più volte annunciato da Silvio Berlusconi e previsto per oggi a Milano. Secondo fonti del Pdl, il Cavaliere vedrà  il leader della Lega per un chiarimento sulle future strategie politiche. Ma sul fronte leghista non c’è alcuna conferma e anzi si tende a smentire l’incontro. Ritenuto inopportuno perché domenica a Vicenza riaprirà  il Parlamento della Padania. Un punto di vista almeno parzialmente condiviso da Umberto Bossi, che avrebbe pensato di riservare all’ex alleato lo stesso trattamento già  riservato a Letizia Moratti: invitarlo a pranzo nella mensa del quartier generale leghista di via Bellerio. A ieri sera, non era ancora arrivata una risposta — o una controproposta — da parte dell’ex premier.
È quindi probabile che l’incontro sia rinviato a dopo la riunione del Parlamento padano. E comunque, con i probabili slogan che risuoneranno a Vicenza — «secessione» e «Padania libera» —, mal si concilierebbe un vertice tra Bossi e Berlusconi.

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