I governi passano, lo spettro del Ponte resta

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I costi del progetto definitivo – in ogni caso non esecutivo rispetto ad eventuali lavori – porterebbero le spese fin qui sostenute per l’eterna progettazione del Ponte ad oltre mezzo miliardo di euro (la società  ammette 290 milioni già  spesi, ma ha dimenticato e cancellato dal bilancio gli oltre 320 miliardi di vecchie lire – circa 170 mln di euro – spesi tra il 1971 e il 1989, prima dal comitato promotore e quindi dalla stessa società ,come ammesso da ex dirigenti della stessa).
Gli ambientalisti sottolineano che respingere ora il progetto – come appare doveroso viste le clamorose carenze e inadempienze dello stesso, evidenziate nelle quasi 250 pagine di Osservazioni redatte da una trentina di esperti e studiosi – significherebbe evitare, a termini di contratto, oltre che ulteriori esborsi di fondi pubblici (paradossali in questo momento), anche il pagamento di qualsiasi penale.
Il Ponte – come è noto – è stato escluso lo scorso ottobre dai progetti finanziabili dall’Ue nell’ambito delle costruzioni delle reti infrastrutturali prioritarie ed ha subito la cancellazione delle risorse già  programmate per il progetto già  con gli ultimi decreti Tremonti. Questo nonostante il governo precedente fosse assolutamente pontista e giustificasse i suoi ultimi provvedimenti con il mantra «il Ponte lo realizzeranno i privati» (laddove un project financing di quasi 9 miliardi di euro è improbabile anche come barzelletta).
Gli ambientalisti chiedono la bocciatura definitiva del progetto e, insieme a tutto il centrosinistra, alla Lega e a molti parlamentari di centro e anche di destra, lo scioglimento della società  del Ponte in quanto «negli elaborati prodotti da Sdm SpA ed Eurolink il progetto manca di un quadro di dettaglio di opere connesse essenziali (quali la stazione di Messina e i raccordi ferroviari lato-Calabria), non viene presentato il Piano Economico Finanziario, non viene prodotta un’analisi costi-benefici che giustifichi l’utilità  dell’intervento, non è svolta una corretta Valutazione di impatto ambientale e non viene presentata la Valutazione di incidenza richiesta dalla Comunità  Europea alla luce delle modifiche compiute, oltre che nelle opere connesse, sulla stessa struttura del ponte tra il progetto preliminare e quello definitivo, non si prendono in considerazione correttamente i vincoli paesaggistici e quelli idrogeologici».
Nella nota diffusa dall’ufficio stampa del Wwf sono contenuti alcuni dettagli delle Osservazioni critiche al progetto. «La procedura di Via speciale per le infrastrutture strategiche, a giudizio degli ambientalisti, non è stata rispettata perché: non viene considerato l’impatto dell’opera ponte che nella progettazione ha subito modifiche sostanziali; alcune delle opere connesse quale l’importantissima nuova stazione di Messina o il collegamento con la prevista linea ferroviaria ad Alta Velocità  Salerno-Reggio Calabria sono a malapena alla fase di studio di fattibilità  e non di progetto definitivo; non è stata prodotta una Valutazione di incidenza (nel rispetto della Direttiva comunitaria Habitat e delle norme nazionali)… Non è stato prodotto il Piano Economico Finanziario, per stessa ammissione della Sdm SpA che ha inviato una lettera l’8 novembre scorso in risposta ad una richiesta degli ambientalisti per un’opera che costerebbe 8,5 mld, pari a mezzo punto di Pil, a fronte di una progressiva contrazione della mobilità  nell’area dello Stretto di Messina, documentata dagli stessi progettisti. Anche la descrizione della cantierizzazione (che costruirebbe un pesantissimo vincolo sul territorio con i suoi 17 cantieri operativi e i 9 siti di deposito dove saranno sistemati in via definitiva i materiali) è estremamente lacunosa e costituisce una vera e propria beffa per il delicatissimo assetto idrogeologico delle due aree costiere e montane dello Stretto di Messina…. come segnalato per la Sicilia nel parere reso dal Genio Civile di Messina».
Infine, le stesse descrizioni delle componenti geosismotettoniche, in una delle aree a più elevato rischio del Mediterraneo, sono molto carenti, come dimostra il caso della “faglia scomparsa”. Le associazioni e il movimento No Ponte chiedono a questo punto l’azzeramento ufficiale del progetto, delle procedure e dei responsabili gestionali. Viceversa, un accantonamento sostanziale ma non istituzionalizzato comporterebbe – come già  avvenuto con il governo Prodi – la prosecuzione delle “spese di struttura” (900 mila euro annui solo per la sede, oltre ad una ventina di stipendi per «tecnici e dirigenti esperti») oltre che la prosecuzione dell’attività  di lobbying e di clientela, in attesa di esecutivi nuovamente favorevoli. Il timore è che la presenza nel governo del viceministro Ciaccia, noto pontista e sostenitore delle Grandi opere, porti a esiti simili. L’interessato, come lo stesso ministro Passera, sostiene che, dato il suo ruolo governativo, «oggi la situazione è completamente cambiata». Si vedrà  dai fatti.


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