I familiari: «Nessuno ci ha avvertito»

by Editore | 28 Dicembre 2011 8:52

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MASCALI (Catania) — L’ha saputo dalla radio e dai cronisti che telefonavano a casa. «Mio marito sequestrato? L’assalto dei pirati?». Le notizie correvano ieri mattina, ma i funzionari della Farnesina si sono fatti vivi solo nel pomeriggio, dopo che le proteste di Rita Gianfriddo, da 26 anni sposata con il comandante del cargo bloccato nel mare dell’Oman, erano echeggiate dalla home page del Corriere online: «Lasciati senza notizie». E così ripeteva dopo ore di attesa la moglie di Agostino Musumeci: «Nessun funzionario o militare di questo Stato e di questo governo ha sentito il bisogno di dire una parola né a me, né ai miei due figli, né ai familiari degli altri sventurati perduti adesso lontano da casa…». 
Poi qualche informazione diretta è arrivata e lei, contenendo la rabbia: «Finalmente il contatto con la Farnesina. Ho capito che stanno lavorando. Lo spero davvero. Anche se attendiamo che accadano fatti concreti, che ci siano segnali chiari. Raccomandano però di non fare niente, di non dire niente». 
Lo ripete a quanti chiamano in questa casa di Mascali sulle pendici dell’Etna in un giorno triste e piovoso. Lo ripete anche alle mogli e ai figli dei sei italiani imbarcati sulla petroliera, su un equipaggio di 18 uomini. Sono cinque siciliani — tra questi, Valentino Longo, 31 anni, e Letterio La Maestra, 33 — e un pugliese di Molfetta. «Stia tranquilla, appena so qualcosa chiamo», tranquillizzava la signora Rita sull’asse Molfetta-Mascali. Mentre da Pozzallo, uno dei porti più a Sud della Sicilia, echeggiava la paura della moglie di Carmelo Sortino, 48 anni, il cuoco di bordo imbarcatosi con il comandante Musumeci tre mesi fa e atteso per fine gennaio, come dicono le due figlie di 16 e 18 anni, Grazia e Chiara, confortate dallo zio Luciano. Lui, il fratello di Carmelo, lascia il negozio dove vende e ripara moto e protegge le nipoti da ogni curiosità . Arriva da lui, in contrada Raganzino, Salvatore Boscarino, l’ex direttore di macchina del rimorchiatore «Asso 22» sequestrato per 32 giorni a Tripoli nel marzo di quest’anno: «Il 2011 s’è aperto male e si chiude peggio con quest’altra sventura che colpisce Pozzallo». Già , qui il 70% degli occupati lavora nella marineria. E tanti si imbarcano. Come fa da vent’anni Sortino. Una fortuna, spiega il fratello: «Perché conosce l’Africa, i pericoli cui va incontro, è capace di gestirli». 
È la speranza che accomuna le famiglie di due marittimi di Messina, quella di Molfetta, la moglie di Musumeci a Mascali, confortata dai due figli, 24 anni il più grande, capitano di lungo corso come il padre, 20 il più piccolo, Vincenzo. Lei sfiora le foto che campeggiano sul comò, pezzi di una vita cominciata in questa casa acquistata dal marito ancor prima del matrimonio: «Qui viviamo da 26 anni anche se ogni tanto, quando rientra dai lunghi viaggi, controlliamo insieme il libretto di navigazione per capire quanto tempo abbiamo passato davvero assieme. Poco prima dell’ultima partenza, abbiamo scoperto che in questi 26 anni, lui è stato qui con me non più di 8 anni».
Ma non sono le assenze obbligate che amareggiano la signora Rita, angosciata piuttosto dalle insidie di quei mari lontani. Come accadde nel 2006. Un ricordo vivo: «Allora mio marito riuscì a sventare un assalto dei pirati, dando immediatamente l’allarme. Una nave militare per fortuna era vicina. Bastò vedere due elicotteri volare sulle barche perché quei filibustieri capissero che dovevano mollare la presa e allontanarsi». Le sue parole rilanciano il tema della sicurezza, il dibattito sull’opportunità  di avere armi a bordo. Ma su questo punto la signora Rita è categorica: «Non solo non è possibile portarne, ma mio marito non l’avrebbe mai fatto. Bisogna piuttosto trovare il sistema per proteggere chi lavora con una forza internazionale».

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