I compiti che spettano all’Europa per superare gli egoismi nazionali
Qualcosa di simile avvenne negli anni precedenti la prima guerra mondiale quando gli Stati europei, congelati nella difesa intransigente dei propri interessi, persero la capacità di qualsiasi compromesso. A dieci anni (1° gennaio 2002) dall’introduzione fisica dell’euro, governi, sindacati, organismi pubblici e privati, cittadini d’ogni categoria hanno l’obbligo morale d’impegnarsi nel progetto politico unitario e fornirne una dimostrazione tangibile, intanto attraverso la strenua difesa della moneta unica. Un’Europa unita, basata sulla solidarietà e sulla trasparenza, garantisce un futuro degno ai nostri figli. Il coraggio di credere è una necessità perché non c’è null’altro in cui sperare.
Il 2012 inizia invece all’insegna della diffidenza dei mercati, delle esitazioni governative, delle decisioni tardive: il contrario dei messaggi che andrebbero trasmessi. È impensabile che l’Unione Europea sperimenti le esitazioni dei mesi passati e che si ripetano incontri fra capi di Stato o di governo privi d’impatto sugli investitori e caratterizzati da decisioni (sulla disciplina fiscale, sul pareggio di bilancio, sul fondo salva Stati) giuste ma parziali e tardive. È disastroso che i governanti siano incapaci di definire gli interessi comuni e che l’accentuazione delle divisioni intereuropee aumenti mentre è indispensabile che ogni Paese ritrovi una vocazione europea. È inaccettabile l’immobilismo su argomenti indispensabili all’economia e alla stabilità sociale: dal completamento del mercato interno (essenziale alla crescita economica) all’immigrazione (cruciale alla stabilità sociale). È surreale pensare che l’allargamento verso i Balcani e la Turchia abbia ancora un senso. E cosa dire del normale cittadino? Non coglie il senso profondo dell’Europa: sente parlare esclusivamente d’aumento delle imposte, di riduzione delle spese, di sanzioni. Di questo passo, i risentimenti, contro l’Europa alimentati dal sordido populismo di partiti come la Lega Nord, l’Italia dei valori in Italia, il Fronte nazionale in Francia, il movimento Jobbik in Ungheria, potranno solo aumentare.
La Germania, ossessionata dalle proprie paure ancestrali, rimane dipendente dalla grettezza della Bundesbank. Per il momento, è sorda verso la possibilità che la Bce possa ampliare i suoi interventi fino a diventare creditore d’ultima istanza. La Francia è paralizzata dalle contraddizioni (vuole un governo comune dell’economia ma rivendica la propria sovranità nazionale) che cresceranno in vista delle imminenti elezioni presidenziali. Grecia, Portogallo, Spagna rimangono sotto pressione. Malgrado il ritorno dell’Italia, con il governo Monti, a una solida politica europea, l’accanimento dei mercati continua. Il ricorso al Trattato intergovernativo fra i 17 Paesi della zona euro (per dare forza giuridica alla governance economica) fuori dal sistema comunitario indebolisce l’assetto istituzionale complessivo, marginalizza — dalla Commissione al Parlamento europeo — le istituzioni comuni. Molti, soprattutto in Italia, vedono la radice di ogni male nell’asse franco-tedesco, dimenticando il fallimento europeo dei governi Berlusconi e le gravi responsabilità di una classe politica che, in pochissimi anni, ha lasciato crescere il debito pubblico fino al 120 del Pil. Reagiscono con fastidio alle preoccupazioni dell’Europa continentale per la situazione economica e finanziaria italiana. Dovrebbero tenere la coda fra le gambe e lasciar perdere l’inutile polemica contro Merkel e Sarkozy.
Il percorso europeo rimarrà faticoso ma non esiste ragione di farsi attanagliare dalla paura. Questo vale anche per l’Italia. Assumendosi la responsabilità di una manovra difficilissima, Mario Monti è stato di parola. Ha recuperato il legame incrinato con Francia e Germania. È ascoltato ovunque con attenzione. Ancor più dopo la sua solida e credibile conferenza stampa di fine anno, il Cancelliere dimentichi i risentimenti per la trascorsa gestione del debito pubblico, prenda atto che il Paese ha voltato pagina, dia fiducia all’Italia nel nome di una reale solidarietà d’interessi e obiettivi. Sono convinto che la Germania sarà a fianco dell’Italia. Angela Merkel, Mario Monti e Nicolas Sarkozy si rivedranno a Roma in gennaio. Le sfide sono immense. I mercati vanno convinti dell’inutilità della speculazione contro la moneta unica, la zona euro protetta con interventi finanziari coerenti (senza dimenticare l’inquietante interrogativo della Grecia), le istituzioni europee vanno rafforzate come garanti dell’interesse generale. Francia, Germania, Italia hanno la responsabilità di mostrare (perché non dallo stesso Campidoglio dove vennero firmati i trattati di Roma?) che la politica sa come affrontare il superamento dell’individualismo autodistruttivo dello Stato nazionale, contrastare le forze centrifughe, definire una tabella di marcia credibile, inquadrare ogni decisione nell’obiettivo dell’unione politica, parlare alla gente con le mani sul cuore. Come diceva Goethe, a questo mondo tutto dipende da un’idea intelligente, da una decisione ferma. Sia questa la sapienza dell’anno che inizia.
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