Hillary incontra Aung San Suu Kyi “Allenteremo le sanzioni alla Birmania”

by Sergio Segio | 2 Dicembre 2011 7:25

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NEW YORK – C’è l’invadenza cinese dietro l’improvviso disgelo tra gli Stati Uniti e Birmania. Una svolta clamorosa, suggellata ieri da Hillary Clinton: primo segretario di Stato Usa in 50 anni a visitare Myanmar (il nome scelto dalla giunta militare), e protagonista di un eccezionale incontro con la più celebre perseguitata del mondo per i diritti umani, la premio Nobel Aung San Suu Kyi. In occasione di questa storica visita, impensabile ancora pochi mesi fa, la Clinton ha potuto annunciare un imminente allentamento delle sanzioni Usa contro la Birmania. Ma non è la pressione delle sanzioni ad aver avuto ragione dei militari golpisti: è la prepotenza di Pechino ad avere scatenato l’improvviso cambiamento politico in una delle dittature più impenetrabili del mondo.
Il segnale della svolta è giunto a novembre quando il governo di U Thein Sein ha cancellato il progetto di costruzione di una diga da 20 miliardi di dollari, tutta made in China, che doveva esportare quasi tutta l’energia idroelettrica verso Pechino. Quello stop da parte della giunta militare birmana è piaciuto alla popolazione, sempre più insofferente di fronte alla “colonizzazione” cinese. Il consenso popolare ha incoraggiato quella parte dei militari favorevoli al disgelo con l’Occidente per sottrarsi all’abbraccio di Pechino. Ieri Thein Sein ha definito «una pietra miliare, una svolta storica» la visita della Clinton, augurandosi che apra «un capitolo nuovo nelle relazioni con gli Stati Uniti». Al neopresidente, eletto a marzo in uno scrutinio ampiamente manipolato, la Clinton ha consegnato una lettera di Barack Obama che esprime il suo sostegno alla democratizzazione. Ma l’evento più atteso e spettacolare è stato l’incontro con la Lady birmana per eccellenza, la militante dei diritti umani che fino a un anno fa aveva patito il carcere o gli arresti domiciliari. Le due donne hanno sfoggiato per l’occasione due abiti simili, di tradizione birmana, fatti di una seta dal biancore immacolato.
San Suu Kyi, Nobel della pace nel 1991, aveva vinto le ultime elezioni democratiche del suo paese, 21 anni fa. Per impedirle di governare i militari fecero il colpo di Stato, misero fuori legge la sua Lega nazionale per la democrazia, e la privarono della libertà . Da allora San Suu Kyi non si è mai arresa, continuando a mantenere accesa una fiaccola di speranza per il suo popolo anche nei tempi più bui, negli anni dell’oppressione più brutale, delle carestie, delle inondazioni trattate come un “segreto di Stato”. Ieri San Suu Kyi ha voluto ricordare alla Clinton che non basta la sua liberazione o quella di altri prigionieri politici: «Vorrei ricordare a ciascuno – ha dichiarato – che la questione più importante è lo Stato di diritto. Senza Stato di diritto i prigionieri rilasciati domani potrebbero essere ri-arrestati in seguito». Ha confermato che si presenterà  candidata alle prossime elezioni, a capo dell’opposizione democratica. La Clinton ha detto che «gli Stati Uniti sono pronti a rispondere alle riforme con dei passi misurati, diretti a diminuire l’isolamento del paese e a migliorare le condizioni di vita dei suoi cittadini». Fra le richieste al presidente birmano, la Clinton ha insistito anche per la rottura della cooperazione militare con la Corea del Nord.

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