Gli edifici della Chiesa, le regole sull’Ici

by Sergio Segio | 8 Dicembre 2011 8:10

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ROMA — Estendere l’Ici (anzi l’Imu) a tutti gli edifici della Chiesa cattolica? «È una questione che nel pacchetto urgente non ci siamo posti ancora», ha detto il premier Mario Monti incontrando i giornalisti della stampa estera, lunedì scorso. Ma la polemica sulle esenzioni Ici alla Chiesa in relazione a immobili che pur non essendo di culto, tuttavia non sono esclusivamente commerciali, era destinata a esplodere di nuovo. Mentre l’Ici torna ad essere applicata sulla prima casa delle famiglie italiane e viene incrementata su tutte le altre proprietà  immobiliari, nel mirino sono finiti pensionati e case per ferie per studenti e turisti gestiti da religiosi in edifici ecclesiastici esentasse.
Il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, ieri, ha scritto un editoriale in cui parla di ciclica «campagna di mistificazione», visto che «le esenzioni previste per le attività  solidali e culturali svolte senza l’obiettivo di guadagnarci riguardano non solo la Chiesa cattolica ma ogni altra religione che abbia intese con lo Stato italiano e ogni altra attività  non profit di qualunque ispirazione, laica o religiosa». Toni molto accesi da parte di Famiglia Cristiana («I soliti indignados de noantri»).
Ma ormai vari esponenti dei partiti maggiori hanno cominciato a chiedere di modificare le esenzioni. Per la prima volta è stata presentata una mozione in questo senso da parte di venti deputati del Pd (primi firmatari Esposito e Concia). Per il Pdl, si è espresso Denis Verdini, d’accordo con la collega Gabriella Giammanco («Se fosse per me, che sono un laico, metterei l’Ici sulla Chiesa, o meglio su una parte di beni della Chiesa dedicati a usi commerciali e non religiosi»). E il governatore del Lazio, Renata Polverini: «L’Ici è una tassa che deve ritornare per tutti». Il leader dell’Udc Pierferdinando Casini ha stigmatizzato la «falsa polemica nata sul nulla che come tale va spenta», ma tuttavia ha chiesto chiaramente che la Chiesa paghi l’Ici sulle attività  commerciali, «cosa che in gran parte già  accade, giusta è invece l’esenzione se è attività  benefica». Più a sinistra è un coro per l’abolizione. Dal vicepresidente del Senato, radicale, Emma Bonino ad Antonio Di Pietro, a Nichi Vendola.
Il Concordato tra Stato e Vaticano del 1984 stabilisce che siano soggette al regime tributario ordinario le attività  svolte da enti ecclesiastici diverse da quelle di religione e di culto. Invece, da quando venne introdotta l’Ici, nel 1992, essa fu esclusa per tutti gli immobili ecclesiastici che ospitassero attività  considerate «particolarmente meritevoli». Dicitura ambigua sulla quale, su ricorso dei Comuni, è intervenuta la Cassazione, nel 2004, stabilendo che l’esenzione sarebbe dovuta spettare solo alle unità  all’interno delle quali si svolga «un’attività  effettivamente meritoria e legata al culto». Il governo Berlusconi (2005) con legge interpretativa ha riportato la questione alla situazione precedente la sentenza della suprema Corte. Il governo Prodi (agosto 2006) ha poi reintrodotto il regime di esenzione limitatamente agli immobili «non esclusivamente commerciali». Sull’avverbio, «non esclusivamente», si è giocata la partita fino a oggi. Secondo stime dell’Anci del 2005 il danno erariale sarebbe stato di 500 milioni di euro l’anno. La rivalutazione dell’inflazione, oggi, porterebbe a superare i 600 milioni di euro annui e a sfiorare gli 800 milioni (se a quegli edifici si applicasse la rivalutazione degli estimi catastali prevista dalla manovra Monti). Un fenomeno che a macchia di leopardo riguarda tutto il Paese (per circa 50 mila immobili, di cui 30 mila non di culto), ma che è particolarmente pesante nella capitale, dove il sindaco Alemanno ha stimato nel 2009 annualmente un’esenzione di 25,5 milioni e circa 11 milioni di elusione.
Il ministero dell’Economia il 26 gennaio 2009 ha dovuto emanare una circolare interpretativa per «frenare» il fenomeno. I radicali hanno fatto ricorso alla Corte di giustizia del Lussemburgo, e la Commissione europea deve verificare se la legge del 2006 è contraria alle direttive comunitarie sulla concorrenza: il termine ultimo per la sentenza è fissato tra sei mesi, giugno 2012. Che il problema esista lo ha riconosciuto anche il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone: «Il problema dell’Ici è un problema particolare: un problema da studiare e da approfondire». «Però la Chiesa fa la sua parte — ha aggiunto il cardinale — , soprattutto a favore delle fasce più deboli della popolazione».

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