Giovani e Lavoro, l’offerta c’è ma per Qualifiche «Basse»

by Editore | 24 Dicembre 2011 7:41

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ROMA — Nel 2011 che sta per chiudersi le aziende italiane hanno offerto un lavoro a 208 mila giovani, ma nel 22% dei casi hanno avuto difficoltà  a trovare il profilo giusto, principalmente per due ragioni: o perché il giovane richiesto non aveva la preparazione adeguata o perché il posto offerto non è stato accettato dal lavoratore perché ritenuto poco «attraente», cioè non rispondente alla propria formazione e alle proprie aspirazioni, o troppo faticoso o malpagato. Circa 45 mila posti di lavoro offerti a persone con meno di 30 anni sono così risultati difficili da coprire. 
Il disallineamento fra la domanda e l’offerta di lavoro, in particolare per quanto riguarda la fascia giovanile, emerge da uno studio Unioncamere-Excelsior presentato pochi giorni fa a porte chiuse al ministero del Lavoro e alla presenza di esperti della commissione europea. 
Nel 2011 le assunzioni che le aziende hanno dichiarato di voler fare sono state in totale 595.160, escludendo gli stagionali (altrimenti si arriva a 846.010). Di queste 208.300 hanno riguardato giovani con meno di 30 anni (280.800 considerando anche gli stagionali), quasi una su tre.
Una ricerca a tappeto
L’indagine, compiuta presso un campione di ben 100 mila aziende rappresentativo di tutte le imprese dell’industria e dei servizi (va avanti dal 1997 ed è particolarmente attendibile), fa vedere che anche tra i giovani i posti di lavoro più offerti dal nostro sistema produttivo sono a qualifica medio-bassa, almeno come livello di istruzione richiesto: serve la laurea solo nel 14,8% dei casi, basta il diploma per il 48,4% delle assunzioni e la qualifica professionale per il 17%, mentre per il restante 23,8% non c’è bisogno di alcun titolo. 
Operai i più richiesti
Nei primi posti della classifica del personale under 30 richiesto troviamo anche qualifiche rispondenti al fatto che l’Italia ha la seconda industria manifatturiera in Europa dopo la Germania: i più ricercati sono infatti gli «operai specializzati» (39.100); ma al secondo posto ci sono 31.740 «commessi e assimilati»; poi 18.730 «operai semiqualificati addetti ai macchinari»; 13.300 «professioni non qualificate», per le quali spesso non ci vuole nemmeno un titolo di studio e sono in buona parte coperte da lavoratori immigrati, spiegano i ricercatori; 9.540 «contabili e assimilati»; 7.320 «camerieri e assimilati»; 6.820 segretari e segretarie; 6.210 addetti «alla gestione degli stock e dei magazzini»; 4.900 «parrucchieri ed estetisti»; 4.680 «baristi e assimilati». 
Agli ultimi posti ci sono: i chimici (540 richieste), gli ingegneri elettronici e delle telecomunicazioni (550); gli ingegneri meccanici (970). Il 44% delle assunzioni è fatto da imprese con meno di 10 dipendenti e anche questo pesa sul tipo di profili che vengono richiesti. Del resto, non bisogna dimenticare che in Italia i lavoratori con la qualifica di operaio o assimilata sono ancora intorno agli 8 milioni. Quasi il 30% dei giovani assunti nel 2011 ha trovato posto in aziende del Nord-Ovest.
Studiare, con un occhio al mercato
Questi i dati assoluti. Se però analizziamo come incidono le assunzioni dei giovani sul totale delle assunzioni per livello di qualifica, vediamo che quelle degli under 30 tra le «professioni dirigenziali, intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione» pesano molto: il 36,2%, pari a 11.580 su 32 mila. Per esempio, su 7.040 informatici e telematici richiesti, nel 53,6% dei casi il posto è offerto a giovani. Percentuale che sale al 56,8% per gli specialisti in contabilità  e problemi finanziari e al 65,4% per i tecnici della gestione finanziaria. «Questi dati confermano che ai giovani conviene studiare, ma tenendo conto degli orientamenti del mercato», commenta Ferruccio Dardanello, presidente dell’Unioncamere. «Del resto — aggiunge — già  quasi il 65% delle assunzioni di giovani con il diploma o la laurea è un buon risultato, considerando che per tutti gli altri non si arriva nemmeno al 50%». 
Come dire che la struttura produttiva e la storia del Paese non si possono cambiare da un giorno all’altro. Certamente incoraggia il fatto che quando le aziende cercano un giovane da assumere lo fanno richiedendo spesso un profilo più alto, ma colpisce tuttavia che spesso il profilo richiesto non è quello offerto da chi esce dal sistema scolastico e universitario. Tanto è vero che, solo per fare qualche esempio, tra gli informatici e telematici su 3.770 assunzioni offerte ai giovani, 1.660 non si riescono a soddisfare, secondo quanto dichiarano le aziende. Difficili da reperire anche mille tecnici delle vendite e della distribuzione su 4.600 assunzioni programmate. 
I lavori rifiutati
Le percentuali più basse di assunzioni tra i giovani si riscontrano per gli «addetti all’assistenza personale» (10,7% del totale), tra gli infermieri e paramedici (17,1%), nelle «professioni non qualificate» (18%) e tra gli operai addetti ai macchinari. Qui, spiegano i ricercatori, influiscono negativamente diversi fattori: la richiesta di precedenti esperienze (avviene nel 45% dei casi); l’offerta di retribuzioni basse a fronte di lavori particolarmente faticosi o lo scarso prestigio sociale associato ad alcuni mestieri. 
Spesso quindi i giovani li rifiutano, giudicandoli inadatti alla propria preparazione e al proprio progetto di vita: questo accade nel 35% dei casi, mentre nel 44% sono le aziende a ritenere che il lavoratore non sia adatto a fare il lavoro richiesto. Non si trovano, per esempio, 3.800 camerieri, baristi e cuochi su 15.100 assunzioni programmate e 1.800 meccanici su 3.100 posti offerti. Queste difficoltà  spiegano in parte perché in Italia si entra più tardi nel mercato del lavoro rispetto al resto d’Europa e perché ci sono 2,2 milioni di giovani che non studiano e non lavorano, i cosiddetti Neet (Not in education, employment or training). 
Si entra da precari
Nel 62,6% dei casi l’assunzione dei giovani viene offerta con un contratto temporaneo (apprendistato, a termine, di inserimento) e il 37,4% delle volte con un contratto a tempo indeterminato. Quest’ultima percentuale sale al 49% nel caso di assunzioni che riguardino persone con più di 30 anni. Per sfuggire alla difficoltà  di trovare un lavoro soddisfacente (i tassi di disoccupazione giovanile 15-24 anni e 25-29 anni sono rispettivamente del 27,8% e del 14,7%, entrambi molto superiori alle media Ue) non sono pochi coloro che tentano la strada dell’imprenditorialità , tradizionale punto di forza dell’Italia. 
Green economy e imprenditori di sé stessi
Le aziende attive guidate da giovani con meno di 35 anni sono 617.200, l’11,7% del totale, che sale a più del 15% nel settore dei servizi culturali e ricreativi. Il 44% di chi ha avviato un’impresa nei primi 6 mesi del 2011 ha meno di 35 anni. Molto promettente, secondo l’indagine Excelsior, il settore della Green economy, l’«economia verde», dal risparmio energetico all’industria del riciclaggio. Un comparto in grande crescita, sia per le assunzioni programmate, 37 mila (il 16,4% del totale dei giovani, con un fortissimo aumento rispetto al 2010) sia per aprire un’azienda. Dopotutto, spesso, è meglio mettersi in proprio.

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