Genocidio armeno: Tra Francia e Turchia è rottura diplomatica

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Non che il Hayots Tseghaspanoutyoun (in armeno) sia sulla bocca di tutti, né si può certo dire che la sua contestazione rappresenti una emergenza sociale. Ma da 10 anni lo spaventoso massacro generato quasi un secolo fa dagli ultimi spasmi dell’Impero ottomano riemerge in Francia con curioso tempismo, legato alle scadenze elettorali. 
Una Turchia sempre più forte e sicura di sé ieri ha reagito con durezza. Richiamo dell’ambasciatore, gelo degli incontri di carattere politico, economico, militare e culturale. «Piaghe destinate a non rimarginarsi facilmente», ha detto il premier turco Erdogan. Quanto al presidente Gà¼l, da due giorni cercava di parlare con Nicolas Sarkozy, ma il presidente francese si è negato al telefono.
L’attenzione per la memoria e per la Storia — sia pure altrui — potrebbe fare onore alla Francia, però la presa di posizione dei pochi deputati presenti ieri in Aula ha qualcosa di meno eroico e di più simile a un pasticcio. Innanzitutto, conviene guardare alle tappe dell’interesse francese per il genocidio degli armeni: la prima legge, che ne riconosce ufficialmente l’esistenza, risale al 2001, un anno prima delle elezioni del 2002; lungo disinteresse fino al 2006, quando l’Assemblea approva un testo simile a quello di ieri, che punisce il negazionismo; nel 2007, una volta eletto, l’entusiasmo di Sarkozy sfuma e anzi, secondo Wikileaks, il suo consigliere diplomatico Jean-David Leavitt vola fino ad Ankara per rassicurare i turchi che «il presidente dimenticherà  la legge al Senato». E infatti.
Ma il 7 ottobre scorso, mentre le elezioni si avvicinano, Sarkozy viaggia nella capitale armena Erevan, accompagnato dal cantante-istituzione nazionale Charles Aznavour (all’anagrafe Chahnourh Varinag Aznavourian). L’appoggio del mezzo milione di armeni francesi è importante, ma pure quello del mezzo milione di turchi residenti in Francia non sarebbe da meno; mentre grandi storici come Pierre Nora protestano perché il loro lavoro viene imbrigliato, il voto di ieri potrebbe banalmente scaturire dall’attivismo di alcuni esponenti locali, come la prima firmataria della legge Valérie Boyer, eletta a Marsiglia dove la lobby armena è più forte. 
Il blitz pre-natalizio quindi non entusiasma il ministro degli Esteri Alain Juppé, che avrebbe definito il testo «una stupidaggine ridicola» (secondo il Canard enchaà®né). Sullo sfondo, la determinazione francese di tenere la Turchia fuori dall’Ue; ma Ankara nel 2011 è cresciuta dell’8%, ha appena ordinato un centinaio di Airbus ed è in Turchia che la Renault costruisce le sue auto elettriche. Viene da domandarsi se una crisi con la Turchia, tra l’altro potenza regionale fondamentale per qualsiasi soluzione in Siria, fosse davvero tra le priorità  della Francia e dell’Europa.


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