Fiera delle Tasse, un Euro su due al Fisco
Arthur Laffer, il guru di Ronald Reagan, da noi si metterebbe le mani nei capelli. In Italia per la sua teoria («più bassa è la pressione fiscale, più cresce l’economia») non c’è proprio nulla da fare. Giulio Tremonti, ai tempi della Prima Repubblica, lo scrisse nel suo «Libro bianco» sulla riforma fiscale: oltre cento le tasse a carico degli italiani, «con l’85% del gettito derivante da Irpef, Iva, interessi e redditi da capitale, Irpeg, Ilor e Ici». Oggi le cose non sono poi cambiate di molto: l’Irpeg è diventata Ires, l’Ilor è confluita nell’Irap, l’Ici è la nuova Imu, l’imposta municipale sugli immobili.
«Questa manovra si concentra al 60% sulle tasse» ha detto ieri il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni. Di certo, nel decreto «Salva-Italia», di imposte non se ne sente proprio la mancanza. Oltre all’Imu che dovrebbe portare nelle casse dello Stato oltre 33 miliardi da qui al 2014, gli ultimi ritocchi riguardano il tabacco sfuso, gli aumenti delle accise come quella sui carburanti, la tassa sul lusso, l’imposta di bollo sui titoli, strumenti e prodotti finanziari, l’incremento delle aliquote Iva, l’imposta sugli immobili e le attività finanziarie all’estero, la tassa sui capitali scudati. Ieri il Centro studi di Confindustria ha sciorinato i numeri: «la pressione fiscale, con il taglio delle agevolazioni incluso nelle manovre, schizzerà al 45,1% nel 2012 (dal 42,4% del 2010 e dal 42,7% di quest’anno) e arriverà al 45,5% nel 2013». Livello record per l’Italia, secondo nell’Eurozona solo ai valori attuali di Belgio e Francia. E se si prende in considerazione la pressione effettiva, che esclude il sommerso, si supera abbondantemente il 54%. Ossia «il limite a cui arriverebbe la quota sul Pil delle entrate fiscali e contributive se venisse eliminata tutta l’evasione senza toccare le aliquote» spiega Confindustria.
A guardare le fette della torta della manovra rielaborate dall’associazione, il grosso delle maggiori entrate (al netto della riduzione delle uscite come con la riforma pensionistica) arriverà soprattutto dall’Imu con 11 miliardi di euro di incassi previsti nel 2012. Tra le imposte indirette giocheranno un ruolo decisivo le accise (circa sei miliardi nel 2012) e l’incremento delle aliquote Iva (oltre tre miliardi). Dai capitali scudati arriveranno, sempre secondo l’associazione degli industriali, poco più di un miliardo di euro.
Ma queste tasse, andranno aggiunte a tutte le altre che già gravano sui contribuenti: addizionali Irpef, Tarsu, bollo auto e così via. 107 quelle censite dall’Istat, anche se in realtà sarebbero solo 73 quelle a cui corrisponde un gettito e quindi attualmente vigenti. Come spiega Giuseppe Bortolussi nel libro «Tassati e mazziati». «Per la famiglia media — spiega il presidente della Cgia di Mestre — siamo a 27-28 mila euro di tasse l’anno, compresi ovviamente i contributi previdenziali. Le accise sui carburanti incideranno notevolmente. Basti pensare che se prima, in tema di tassazione sulla benzina, l’Italia era un paese in media a livello europeo, oggi siamo solo dopo al Regno Unito, Svezia e Paesi Bassi». E allo scenario attuale si aggiunge quello precedente, ossia della manovra di Ferragosto, che ad esempio era già intervenuta sull’aumento dell’aliquota ordinaria dell’Iva passata dal 20 al 21%. Certo, nel decreto «Salva-Italia», non mancano le misure volte a incentivare lo sviluppo: la deducibilità dell’Irap sul costo del lavoro, l’aumento della deduzione della stessa imposta sull’occupazione giovanile e femminile e l’alleggerimento dell’Ires sul nuovo capitale e sulle start-up. «Prego Dio che l’Italia riesca a mettere ordine nei suoi conti, torni alla prosperità , salvi l’euro, e diventi un esempio per tutto il mondo occidentale» ha detto in una recente intervista Arthur Laffer. Come non condividere.
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