Favori ai parenti, escort, voto di scambio e il giudice disse: dovevo fare il mafioso

by Sergio Segio | 1 Dicembre 2011 7:28

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MILANO – Giulio Lampada, uno degli uomini di ‘ndrangheta al centro dell’inchiesta, ancora ci sperava: «C’era anche il cugino di Enzo, che è un magistrato. Ti vuoi fottere un magistrato, ti vuoi fottere un… Morelli, ti vuoi fottere questa gente qua, che sono di prim’ordine?». La risposta, da parte di Ilda Boccassini e Giuseppe Pignatone, è arrivata ieri, con le manette per dieci. E sull’asse Milano-Reggio Calabria è emersa «la zona grigia».
IL GIUDICE «MARITO STRESSATO»
Che cosa unisce il magistrato Vincenzo Giglio, di magistratura democratica, e il politico Franco Morelli, consigliere regionale Pdl dal 2010, 14mila voti? Entrambi arrestati per i collegamenti con i boss, hanno un’idea fissa: come raccomandare la moglie del primo. Un sms è forbito e chiarissimo: «Ale (la moglie Alessandra) gradirebbe arrivare subito in Consiglio, anche con formule provvisorie che però tengano conto della sua qualifica dirigenziale. Ci possiamo riuscire o stiamo chiedendo troppo? Luigi può aiutare? Un marito stressato».
«Con viva solidarietà  maschile ci impegneremo» è la risposta di Franco Morelli. E quando il 12 luglio arriva la sospirata nomina a Commissario straordinario dell’Asl di Vibo Valentia, l’esultanza è generale, perché vince «Reggio Scopel», e Scopel pare un riferimento al presidente forzista della regione, il pdl Scopelliti.
IL PRIMARIO FA IL “CECAP”
Il magistrato Giglio viene soprannominato «il primario», il «capostruttura», il «cugino di Enzo» e una volta «il mangiatario». Un messaggino rivela: «Sono dal Giud». Le visite a casa Giglio vengono documentate dalla squadra Mobile. Il magistrato per conto dei clan «sta controllando tutto, totale, dalla A alla Z. L’ho visto, se dice una cosa è chidda, l’ho tastato con le mani». Le informazioni sono vitali: «I dottori per adesso stanno facendo un cecap di controllo di esami, sabato ci da tutto il risultato».
«SONO COME UN MAFIOSO»
Un altro magistrato, il gip di Palmi Giancarlo Giusti, per nove volte viene invitato a Milano, nell’hotel Brun, e non paga mai, paga Giulio Lampada. In queste sue trasferte, riceve in camera le visite di ragazze russe, ceche, kazache, slovene, ballerine di night: perché non ritornare?
Giusti: Torno «la settimana che entra, o la prossima… cento per cento, dipende dal cugino del tuo caro amico medico!…di Giglio, no?!», e Giglio sta per Vincenzo, il collega magistrato, come confema lo stesso Lampada: «Del nostro Presidente, dobbiamo dire! Il Presidente delle misure di prevenzione di tutta Reggio Calabria! Sai che dobbiamo fare?».
Giusti: «Che facciamo?».
Lampada: «Lo convochiamo qualche giorno su a Milano e lo invitiamo … Come la vedi, tu?».
Giusti: «Minchia, guarda, dobbiamo parlarne col medico! (ride)»
Lampada: «Non dirgli nulla, che è un mese che non ci sentiamo!»
Giusti: «…tu ancora non hai capito chi sono io, sono una tomba, dovevo fare il mafioso, non il giudice… però l’idea di portarci il Presidente a Milano non è male, sai?!… Lo vorrei vedere di fronte ad una stoccona!».
STATE ATTENTI A FREQUENTARLI
Non si conoscono ancora i nomi di tutti gli informatori del clan, compresi alcuni 007, un anziano imprenditore Ferdinando Rossi, sapeva troppo. Il 30 marzo 2010 chiama il neo eletto Morelli e lo mette in guardia: «Lascia stare quelli, i Lampada, sono seguiti in continuazione, in quanto considerati corrieri di polverina… Queste cose vengono da Milano». Milano, la città  della paura, dove non si parlava mai di ‘ndrangheta, quando il centrodestra era al potere.
IL FIDO PINOTTO
Tra gli arrestati di ieri c’è un maresciallo della guardia di finanza: «A fronte delle notizie fornite, Mongelli Luigi, a libro paga, ha ricevuto, nel corso degli anni, somme di denaro in contanti, così come documentato dalle telefonate e dai messaggi intercettati, come “I 40 di Pinotto”, oppure «31 e 6, 10 e 30 a Pinotto». A fare i controlli sui Lampada-Valle e i loro beni, e le macchinette videopoker, erano spesso finanzieri amici di “Pinotto”: «Una sorta di controllori personali dei Lampada e i Lampada lo sanno benissimo».
«MI DEVONO CHIAMARE ECCELLENZA»
Giulio Lampada il 9 novembre 2009 parla con l’amico avvocato Vincenzo Minasi, arrestato perché aveva documenti riservati. Al professionista fidato il boss racconta che è stato nominato nientemeno che Cavaliere di San Silvestro dal Vaticano, con nomina del monsignor Tarcisio Bertone, ed ha avuto la targhetta: “Ora in tutte le diocesi che mi ritrovo in Italia mi devono chiamare eccellenza”. Il battesimo della figlia di Lampada è stato celebrato a Città  del Vaticano l’8 giugno 2008, alcuni politici sono stati invitati, il clan aveva una passione per gli onorevoli. Le citazioni – senza reato, sia chiaro – riguardano molti, da Roberto Formigoni a Ignazio La Russa a Bruno Tabacci con la “rosa Bianca”, dalle firme per Forza Italia a quelle per la Lega, e viene citato il terzo polo, perché «se questo terzo polo prende il dieci, Enzo Giglio diventa deputato a Roma».
AL CAFFÈ DE PARIS CON ALEMANNO
Anche l’attuale sindaco di Roma Gianni Alemanno, quando era ministro per le politiche agricole si ritrova in una serata romana, al caffè de Paris, proprio in compagnia di Lampada, che racconta: «Tu immagina il Ministro con il microfono in mano, seguimi, ringrazio il gruppo Lampada, noto industriale calabrese a Milano… noi in un angolino che gli alzavamo la mano tipo “cià ,cià , cià ».
Il futuro sembra alle porte: «Sai che divento cavaliere. Cavaliere del lavoro, dottor Lampada!». Peccato che, nonostante gli ospiti eccellenti, gli amici si dileguano. E una signora chiama Morelli, ma per ridere: e non stare sempre sui giornali, gli dice, a chiedere chi sono “questi lampedusa, lampadina, lampade». Già , ma tra Milano e Reggio oggi si ride molto di meno.

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