Europa del futuro e Welfare Napolitano scuote la politica

by Editore | 30 Dicembre 2011 9:00

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ROMA – La vicenda di Giorgio Napolitano si iscrive per lunghi anni nella storia della sinistra italiana. Ecco perché dalla sua lettera Reset pubblicata ieri da Repubblica si sentono interrogati molti dirigenti dell’attuale Partito democratico. Enrico Morando, dirigente liberal del Pd, stimato esperto economico, ha molto apprezzato le parole del presidente della Repubblica. «Il capo dello Stato approfondisce un punto evidente della cultura politica di sinistra, direi della sua ideologia: la difficoltà , negli anni passati, dell’incontro tra il riformismo e la tradizione liberale. Per anni – dice Morando – siamo stati sulla frontiera del noi e loro. Oggi Napolitano spiega che il riformismo della cultura socialista è il liberalsocialismo. Non c’è più il noi e loro». Morando, che fa parte della minoranza di Modem, considera il testo del presidente uno «stimolo anche per il Pd, un invito ad accelerare il suo processo verso un incontro con la cultura liberale». 
Naturalmente la grande attualità , legata alle riforme di oggi, è il tema del Welfare, del suo aggiornamento, del taglio alla spesa pubblica. «La sinistra – spiega Morando – non incontrando la cultura liberale ha finito per sostenere uno statalismo assistenziale. Una revisione integrale del concetto di spesa pubblica è necessario. In Italia e in Europa». Per Matteo Orfini, giovane responsabile Cultura del Pd, vicino all’area di Bersani, «già  il Pds aveva fatto i conti con la cultura liberale, accettandola e facendola sua. Cose successe quindi anni fa. Il liberalismo è patrimonio della storia socialista riformista, il neoliberismo no». Ad Orfini è piaciuta la citazione di Tony Judt «autore di uno straordinario libro che condanna i neoliberisti e invita gli americani a guardare al modello del Welfare europeo». Ma che quel modello oggi debba cambiare «siamo tutti d’accordo e condividiamo le parole di Napolitano. Che si debba mettere mano allo squilibrio delle tutele, pure. È di questo che stiamo discutendo nel Pd. E mi sembra che Napolitano non sposi nessuna soluzione particolare». Non è piaciuto invece, almeno su Facebook, a Massimo D’Antoni, il testo del presidente. Senza citarlo l’economista bocconiano, editorialista dell’Unità  e legato al responsabile economico Stefano Fassina, critica le parole di Napolitano. «C’è gente che ha perso i propri riferimenti e li cerca altrove, usa termini altrui e non riconosce neanche le proprie conquiste». Insomma, dice D’Antoni con quelli che sono dei semplici post, «c’è chi ha passato una vita nel Pci ma è convinto di venire dal Pli». Sono pensieri “quasi” privati. Ma va tenuto conto che l’articolo del capo dello Stato prende le mosse da una riflessione sulla figura di Einaudi. Era impossibile sottrarsi a ragionamenti sulla cultura liberale. 
Napolitano non coinvolge solo la sinistra. «Il richiamo del presidente della Repubblica alle forze riformiste affinchè sia realizzata una radicale riforma del welfare è tempestivo, coraggioso e pienamente condivisibile», dice il presidente di Fareitalia Adolfo Urso. Per Osvaldo Napoli, vice capogruppo Pdl «ci vuole oggi un atto di coraggio per superare quella che Napolitano ha diagnosticato come crisi di leadership a livello europeo. Anche sul terreno delle istituzioni l’Italia è chiamata a vincere una sfida forse più decisiva dello spread». Fabrizio Cicchitto, che nel Partito socialista ci ha trascorso una vita, non perde l’occasione per attaccare il vecchio Pci. «La ragione di fondo della distanza fra Einaudi e la sinistra sta nel fatto che in quest’ultima il riformismo era assolutamente minoritario. Nel suo nocciolo duro il Pci era distante sia dal liberalismo sia dal socialismo democratico e ciò pesò, e non poco, nella nascita dell’Europa». Bene quindi ha fatto Napolitano a ripercorrere quella storia. «Serve più riformismo. E in Europa una profonda modifica dell’assetto dell’euro».

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